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Imbuca palle difficili grazie all’entusiasmo
http://youtu.be/1ziyPhFoi9g[/youtube]
(Attenzione: il film scorre male, si ferma a tratti. Quando si ferma mettilo in pausa un paio di minuti, prenditi un caffè e poi dai l’avvio)
Questo è il mio vecchio film del 2009 e io in questo ferragosto 2011, con tutte le persone che sono al mare e che quindi non leggeranno questo articolo, scommetto che TRIPLICHERO’ le visualizzazioni entro domani sera.
Era il mio primissimo film messo su youtube con una difficoltà paurosa, mi sentivo fiera ed orgogliosa delle mie due prodezze: essere riuscita a imbucare in un vaso la prima volta che accendevo la telecamera nuova e soprattutto aver messo il film su youtube da sola, quando pensavo che solo un mega informatico super esperto avrebbe potuto riuscirci.
La probabilità di imbucare nel vaso con gli approcci raso terra che vedi nel film era bassissima. Erano approcci orribili! Eppure l’entusiasmo mi ha premiato: proprio l’ultima palla, nel mio primo film sperimentale, è finita nel vaso e la mia felicità è genuina, sincera, del tutto spontanea.
Da questo puoi imparare qualcosa: quando hai una voglia matta di giocare a golf, godi del gioco e delle sensazioni che ti dà, ci metti il tuo entusiasmo, alla fine i risultati arrivano, contro ogni probabilità. Ti è mai successo di imbucare da 15 metri un putt difficilissimo? Sì, ti è successo. Sai come lo hai imbucato? Con il tuo impegno, la tua voglia matta di far bene il colpo, il tuo assecondare la fluidità del gioco e la magia del golf.
Questo breve film, il mio orgoglio, ha 50 visualizzazioni in due anni e mezzo: un record negativo che potrebbe spingermi al suicidio, ma invece io ci rido, rido della mia ingenuità e adesso vediamo se in un giorno porto le visualizzazioni a 150… Dammi una mano anche tu!
Intervista a Gianni, golfista-papà-scrittore-imprenditore
Ho conosciuto Gianni Davico sul web, ha un blog come me ed è un golfista appassionato di prima categoria che vuole diventare professionista anche se ha superato i 40 anni. Lo stile di pensiero di Gianni è simile al mio: anche lui parla di felicità, equilibrio, stima di sé e… di golf.
Lui di golf ne sa MOLTO più di me, soprattutto dal punto di vista tecnico (è 4 di handicap…), ma le sue aspettative golfistiche sono totalmente diverse dalle mie e così è diverso anche l’impegno e la dedizione.
Alessandra: Cosa ti affascina del golf?
Gianni: In una parola, la sfida con se stessi e la ricerca continua del superamento dei propri limiti. È vero che ci sono tanti aspetti del golf assai piacevoli (conoscere persone interessanti, vedere luoghi incantevoli, mantenersi in forma fisica, il divertimento e così via), che naturalmente costituiscono una parte importante del tutto. Ma se riuscirò nel mio intento – diventare professionista entro i 45 anni, avendo preso un bastone in mano per la prima volta a 36 anni –, ecco, questa sarà per me una sorta di missione compiuta. È proprio questo il mio motore primo, la motivazione che mi viene dall’interno, il desiderio di “andar oltre, mangiarmi un’altra generazione, diventare perenne come una collina”, per dirla col Pavese del Diario.
Alessandra: Come concili lavoro, golf e famiglia?
Gianni: Premetto che mi considero molto fortunato.
Ho dato il via alla mia attività nel 1995, fresco di laurea, e col tempo il lavoro era cresciuto a dismisura: mi portava via troppe ore, mentre c’erano attorno a me persone e attività cui volevo dedicare tempo. Molto tempo. Passati i quarant’anni ho iniziato a vedere la fine del mio tempo, e questo mi ha dato molta energia. Nel 2008 ho dato il via ad un progetto che ho chiamato 25×44: ovvero, mi sono riproposto allora di non dedicare al lavoro più di venticinque ore la settimana per più di quarantaquattro settimane l’anno, partendo proprio dalla considerazione che avevo passato i quarant’anni e che avevo altre priorità oltre al lavoro. Ho descritto questo processo nel dettaglio nel mio ultimo libro, La vita 2.0; non tanto per quel che mi riguarda, ma soprattutto per come ciascuno possa, volendolo (è questo il punto cruciale) applicare a sé quei principi. Io da allora e fino ad ora ci sto riuscendo molto bene: ora ho molto più tempo per le mie passioni, riuscendo ugualmente a mantenere una famiglia composta da quattro persone.
La reazione tipica che osservo quando racconto la mia esperienza è: “Eh, beato te che puoi permettertelo…” Ma non è esattamente così. Non è che io possa permettermelo e altri no; tutti possono farlo, ma devono decidere di volerlo per sé.
Alessandra: Quali segreti puoi svelare a noi scarsi di terza categoria per fare il salto di qualità? Come superi i momenti in cui giochi male? (anche i giocatori “super” come te avranno i loro momenti no…)
Gianni: Guarda, la risposta è facile da trovare dando un’occhiata ad un campo pratica o a un putting green o ad una zona per gli approcci in un qualunque momento. Accadono delle cose molto lineari. In campo pratica, tendenzialmente più l’handicap di un giocatore è alto più praticherà i legni – soprattutto, va da sé, il drive. Nel putting green, quella persona tendenzialmente prenderà tre palline che tirerà da 6 metri per 10 minuti al massimo. Nella zona degli approcci… be’, tendenzialmente non ci andrà mai!
Come dice Tom Peters, “You can’t shrink your way to greatness”. Insomma, non esistono scorciatoie per diventare bravi. Bisogna praticare, praticare e poi praticare ancora. Il tutto, ovviamente, sotto la supervisione di un maestro di fiducia (altrimenti si rischia di praticare l’errore, e quindi di peggiorare).
Per essere chiari: occorre dividere il proprio tempo di pratica secondo percentuali “ragionevoli”. Io mi regolo di trascorre circa un terzo del tempo agli approcci, un terzo al putting green e il rimanente terzo allo swing completo, ma ciascuno troverà la sua misura.
Infine, un aspetto da non sottovalutare è quello mentale: il golf è essenzialmente uno sport mentale, quindi saper governare la propria mente nei momento cruciali è fondamentale per un buon gioco.
Quanto al superare i brutti momenti di gioco, il punto sta nel concentrarsi in quel che si sta facendo. Ovvero, gli errori sono normali nel golf, ma è importante accettarli una volta compiuti e passare oltre, in maniera da evitare che un errore ne porti altri tre o quattro a seguire. Non che sia facile – anche questa è una tecnica mentale che va allenata.
Alessandra: Che progetti hai per il futuro? (da tutti i punti di vista: familiari, lavorativi, sportivi)
Gianni: Dal punto di vista familiare, la priorità è che le bambine crescano sane.
Dal punto di vista lavorativo, l’obiettivo è di mantenere il mio lavoro “ufficiale” ai ritmi attuali e incrementare la parte di scrittura (libri, articoli e blog).
Dal punto di vista sportivo, l’obiettivo è quello che ricordavo in apertura: diventare professionista entro il 2012.
Alessandra: Hai scritto un libro: di cosa parla? Perché non di golf?
Gianni: La vita 2.0 è la descrizione delle tecniche e della linea di pensiero che ho applicato a me stesso, e che ciascuno può – secondo me – applicare a sé per aumentare la felicità delle sua propria vita. Sono partito da alcune costatazioni se vogliamo banali ma non contestabili. Il punto è, per dirla con Andersen, che il re è nudo. E non c’è più tempo, dunque, per fare finta: allora il compito che mi sono ritagliato è quello di una sorta di grillo parlante, di pascoliano fanciullino, di qualcuno che ci ricordi che la felicità è alla nostra portata, adesso e semplicemente, sempre e comunque, nonostante noi possiamo essere indotti a ritenere che le cose stiano in maniera differente. Ad esempio: il denaro è troppo sopravvalutato, mentre l’unica risorsa davvero critica che abbiamo è il tempo. Di conseguenza, siamo ricchi solo se abbiamo il tempo per fare le cose che vogliamo veramente e non siamo sempre costretti a saltare di scadenza in scadenza, in una corsa al massacro che non ha mai fine.
Naturalmente non ho la pretesa di insegnare qualcosa ad altri, e questo perché nessuno può insegnare alcunché a chicchessia: si può solo imparare (volendolo). Io ho detto nel libro quello che mi riguarda, cercare di estrarre dei casi generali; e poi ciascuno farà il lavoro su di sé. Se vorrà, beninteso. E la mia speranza è che lo voglia.
La vita 2.0 non parla di golf perché questo è uno dei miei prossimi progetti: un volume che racconti il percorso che sto facendo per diventare professionista, sia da un punto di vista della tecnica che – soprattutto – della conoscenza di me stesso e dei miei limiti.
Alessandra: Ho scritto un post ultimamente proprio sulla felicità e ho avuto tanti commenti, anche di persone che in questo momento non sono felici.(eccolo qui http://golfissazione.com/vuoi-solo-essere-felice/) Tu cosa diresti a queste persone per aiutarle a conquistarsi la felicità?
Gianni: A parer mio la felicità è alla nostra portata, sempre e comunque. Spesso però ci facciamo prendere troppo dalla quotidianità, dai problemi contingenti, e ci lasciamo dominare da questi pensieri. E tuttavia la realtà è secondo me molto più lineare. C’è una frase nel film Yesman che descrive bene tutto questo: “Il mondo è un parco giochi; ma poi strada facendo tutti lo dimenticano”. Ecco, nel momento in cui noi riusciamo a fare questo piccolo salto tutto diviene più semplice. O, per dirla col poeta Leonardo Sinisgalli:
Si può prendere la felicità
per la coda come un passero.
Si possono dimenticare i debiti
che abbiamo con il mondo
Un lampo di beatitudine
non offende il nostro vicino.
Lui dorme sulla panchina,
il passero gli vola intorno.
Lui sogna il lebbroso
ma sentiamo che il suo male
non è contagioso.
Grazie Gianni, per i contenuti di qualità che ci hai messo a disposizione!