Archivio di dicembre 2009

Quale augurio per il 2010?

il golf sulla neve va giocato con palle nere!!

Grazie 2009, benedico il 2010 e i suoi frutti!

 

Il bilancio di fine anno e la previsione del nuovo anno non dovrebbe essere fatta solo dalle aziende, ma da tutti noi umani, per capire a che punto siamo nella nostra evoluzione e a che punto vogliamo arrivare alla fine dell’anno prossimo.

Io in genere faccio una mappa fatta all’incirca come un sole. Al centro del sole scrivo 2009 e sui raggi i risultati raggiunti. Qualche raggio ha uno o due rami, come un albero, inerenti all’argomento principale scritto sul raggio.

Qui non posso fare disegni, ma sui miei raggi scrivo in una parola cosa ho fatto di buono e meno buono nel 2009, ad esempio blog nuovo, vendute 300 copie del libro, rimessi soldi nel doposcuola, migliorati rapporti con i figli, stazionario l’handicap di golf…..

Poi disegno il sole del 2010 con tanti raggi colorati dove scrivo le previsioni sui progetti che ho in corso e che avrò più avanti, per poi confrontarlo col bilancio del prossimo anno. Non devono per forza essere progetti difficilissimi da realizzare, basta che siano anche piccoli passi avanti come ad esempio ricucire rapporti logori, rimettere in forma il fisico, smettere di fumare, iscriversi a un corso di yoga o di formazione, qualsiasi cosa che crei espansione e crescita. 

SEI ANCHE TU UN’ AZIENDA INDIVIDUALE! 

Ti sento da qui che stai trovando scuse di ogni genere:

sono troppo vecchio

non ho tempo da perdere

ormai quel che ho fatto ho fatto

2009 o 2010 non cambia niente, la vita è sempre la stessa

Sto bene così…… 

So che non è per niente facile fare progetti quando non si sono mai fatti, ma tu hai la fortuna di giocare a golf e ti risulterà più facile.

Comincia a progettare per il 2010 qualcosa che implichi il tuo miglioramento a golf!

Potrebbe essere una vacanza di golf, una “clinic” ossia una full immersion di lezioni e gioco che potrebbe dare una svolta al tuo gioco.

Oppure potrebbe essere iscriversi a più gare, entrare a far parte di un circuito che organizza gare anche fuori dal campo in cui sei socio.

Oppure andrebbe bene anche un allenamento più intenso, magari rubando qualche ora al lavoro, accompagnato da lezioni quindicinali col maestro.

Quindi, progetto: calare di hcp nel 2010!

Dopo il golf, progetta qualcosa che ti rafforzi emotivamente, ad esempio puoi impegnarti a migliorare i rapporti con gli altri cercando di farti rispettare di più.

Fai un inventario delle situazioni spiacevoli che vivi a volte con alcune persone.

Se ad esempio tua moglie si lamenta spesso con te e tu tolleri le sue lagne che ti svuotano l’energia, da oggi puoi dirle:

“Cosa pensi di fare per uscire da questo problema?”

Lei ti risponderà di sicuro che non può fare niente perché è tutta colpa degli altri, ma tu le dirai educatamente che la verità è che lei è affezionata ai suoi problemi e se non vuole far nulla per risolverli è giusto che se li tenga lei, senza coinvolgere te.

 Stamani al supermercato avevo lasciato un attimo il carrello alla cassa per andare a prendere lo zucchero che mi ero dimenticata, dietro di me c’era un signore con un carrello che aspettava che arrivassi. Quando, dopo aver preso lo zucchero, ho cominciato a scaricare il carrello è arrivata la moglie di questo signore  che tutta arrabbiata ha aggredito il marito:

“Che fai, ti fai passare avanti? Toccava a te, non c’era la signora (che sarei io)”

Lui poverino era imbarazzato, ha detto:

“Il carrello della signora era già alla cassa, io mi sono messo dietro”

Io ho detto che aveva ragione lei, ho tolto la mia roba dal nastro e l’ho rimessa nel carrello per far passare avanti la coppietta felice. Lei, la moglie, continuava a inveire dicendo che se una si allontana dalla cassa deve togliere anche il carrello, dicendo a suo marito che era un rammollito a farsi passare avanti e che loro oltretutto dovevano fare in fretta.

Avrei voluto dire a questo marito:

“Per il 2010 progetti di lasciare sua moglie!!!”

Scherzi a parte, non è certo questo il tuo caso, ma tu impara a farti rispettare da TUTTI.

 

Altro progetto possibile: lavorare per la tua salute. Nutrire meglio il tuo corpo, cominciando a consumare alimenti biologici, mettere su un orticello, installare il depuratore ad osmosi inversa per l’acqua. Iscriverti in palestra o, più semplicemente, giocare più spesso a golf.

Puoi guardare su internet dov’è il GAS più vicino alla tua città e iniziare a fare acquisti lì.

No, non il gas metano o gpl, ma il Gruppo di Acquisto Solidale. Io faccio parte di un gas che ha sede qui vicino a casa mia, anche se in verità ora che ho l’orto non sono più una buona cliente.

I GAS fanno acquisti collettivi da aziende agricole della zona limitrofa, come frutta, verdura, olio e vino, farro, formaggi e latticini, carne, detersivi biologici… Sapere cosa si mangia è importante.

Muoversi, stare all’aria aperta è altrettanto importante. Evitare fumo alcolici, caffè…vedi quello che puoi e che vuoi fare per il tuo benessere.

Puoi fare progetti di lavoro, di svago, di hobbies, di quello che vuoi.

Basta che sia qualcosa che ti migliora.

Potrei scrivere 100 pagine, ma per ora accontentati di questo: 

AUGURI DI UN 2010 RICCO DI QUELLO CHE VUOI TU.

Amore, gioia, buone relazioni, grande forma fisica, soldi….

Qualunque cosa tu progetti, ricordati di gustarti il cammino per arrivarci. Se progetti di migliorare le tue relazioni festeggia ogni volta che riesci a NON reagire alle provocazioni!

Festeggia ogni volta che fai 35-36 punti a golf anche se non cali di hcp!

Festeggia quando riesci a fare un complimento sincero a qualcuno a cui non l’avevi mai fatto. Festeggia il cammino, prima della meta finale. La vita è il cammino, non è qualcosa che arriverà. Anche Claudio Baglioni ha intitolato una sua canzone “La vita è adesso”.

Che cosa augurarti dunque?

Di divertirti stasera con cenone, champagne e botti? E’ un po’ limitante, non credi?

Di passare un felice 2010 come dicono tutti? E’ un po’ banale.

Di calare di hcp nel 2010? Questo è un augurio già più allettante…

 Io ti auguro di fare UN SALTO QUANTICO nella tua scala evolutiva, quella di cui parlo all’inizio del post precedente a questo. Ti auguro di acquisire consapevolezza dei tuoi reali bisogni, di cosa davvero ti fa felice, e di muovere dei passi in quella direzione. Ti auguro di far entrare più amore nella tua vita e di averne così tanto dentro di te da poterlo distribuire agli altri. E infine, come dice Baglioni,di vivere la tua vita ADESSO.

Alessandra

Grazie 2009, benedico il 2010 e i suoi frutti!

Sei normale o strano? Ti auguro la stranezza.

Sara, Martina e Tommaso contentissimi!

Sara, Martina e Tommaso contentissimi!

Per scrivere questa lunga lettera o mini libro o “pensiero per te” – non so bene come chiamarlo – mi sono ispirata a diversi libri che ho letto, poi ci ho aggiunto del mio. Voglio condividere con te queste parole, nella speranza che ti rendano più cosciente e  ti facciano salire uno scalino della vita (anch’io voglio salirlo con te). La vita è come una scala altissima, più vai in alto e più ti avvicini a Dio, o alla Conoscenza, o alla Verità. A volte resti fermo a lungo sulla scala, a volte riesci a salire più scalini insieme, a volte addirittura scendi giù.                                 

                             STEP UP!

                              SALI SU!

 Nel mondo ci sono due categorie di persone: le NORMALI e le STRANE. 

Le persone normali si preoccupano del giudizio degli altri, pensano che niente vada bene, che la vita sia solo così com’è senza immaginare un’altra possibilità.

I normali si comprano una televisione al plasma, una macchina nuova e un vestito nuovo, poi pensano che tutto questo basti per essere felici. “Ingannano” il tempo facendo un cruciverba, guardando la tv, giocando a carte e cercano di accontentarsi. Vanno a lavorare solo perché “devono”, per guadagnare soldi, ma lo fanno con fatica, noia, disappunto.

Se qualcosa va storto la colpa non è mai loro. Se si arrabbiano è perché QUALCUNO o QUALCOSA li ha fatti arrabbiare. Il brutto tempo li mette di cattivo umore, un imprevisto o un ostacolo toglie immediatamente loro la tranquillità.

Consumano e inquinano, tanto “fanno tutti così”, e poi il mondo è così, niente può cambiare: gli uomini sono fatti per produrre, consumare e creare spazzatura.

Non credono nella magia e nei miracoli, non pensano di poter cambiare il mondo. Chi cambia il mondo sono gli scienziati, i medici, i missionari, i politici, i grandi uomini, non certo i NORMALI.

I normali prendono le cose così come sono e non vogliono cambiarle. Anche i mobili di casa in genere restano gli stessi per tutta la vita. I normali tendono a vivere sempre nello stesso posto e piuttosto che spostarsi  mettono le sbarre alla finestre e le porte blindate per tenere lontani i ladri.

Poi guardano il mondo attraverso le loro sbarre nella prigione che si sono creati da soli.

Molti normali vivono una situazione negativa in famiglia, come una relazione insoddisfacente, qualcuno che li maltratta, o che li sfrutta. Naturalmente odiano a morte i loro“ carnefici”, questi normali si sentono povere vittime che non possono cambiare nulla, condannati a vivere una vita intera di vessazioni e sottomissioni.

Anche i carnefici sono persone normali. Pensa ai carnefici di Gesù: erano persone normalissime, che mettevano a morte un fuorilegge. Agivano per istinto, il loro livello di coscienza era vicino allo zero, “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno” disse Gesù. (lui sì che era strano!)

La maggior parte delle persone normali non ha un gran rispetto per se stesso, non si ama e non riesce ad amare gli altri anche se non lo sa. Il suo amore per gli altri è condizionato: ama solo chi si comporta bene e soddisfa le sue aspettative.

Se una persona normale ha un po’ di raffreddore manda subito il certificato al lavoro, se poi per caso viene giù un centimetro di neve non se la sente certo di prendere la macchina per venire a lavorare ed è perfettamente giustificata.

Sono normali anche quelli che dispensano consigli a tutti e vogliono cambiare gli altri, solo loro sanno cosa è giusto per tutti. “Mettiti il maglione, è freddo – togliti quella camicia, ti sta male – fai questo, fai quello…”

I normali giudicano gli altri perché la loro vita si basa sul giudizio, le decisioni, la forza e lo sforzo: questo è l’unico modo in cui sanno creare. Credono che le loro possibilità siano limitate, sono soddisfatti dello status quo e non desiderano cambiare NIENTE. Il loro livello di coscienza è basso, hanno terrore di guardarsi dentro e capire cosa vogliono davvero dalla vita, non vogliono mettere in discussione niente, tanto meno se stessi. 

Le persone STRANE gioiscono della vita, ogni mattina si alzano dal letto e pensano: “oggi è il giorno più bello della mia vita”.

C’era una volta una persona strana che era a cena con degli amici, fra loro parlavano di quale fosse il periodo o il giorno più bello della loro vita. Quasi tutti concordavano che il periodo più bello fosse quello dell’adolescenza, sui 18-20 anni, con la fine delle scuole superiori, la prima automobile, i primi amori… Alcune donne dicevano che per loro il giorno più bello era quello della nascita del figlio, o del matrimonio col marito nel migliore dei casi.

La persona strana disse. “per me è oggi il giorno più bello della mia vita”

Questa frase non piacque alla maggioranza dei normali. Cosa c’era mai di straordinario nella giornata di oggi, nel momento presente?

La persona strana spiegò la sua strana teoria:

“ Io faccio in modo che ogni giorno sia il più bello della mia vita. Ogni mattina mi alzo volentieri dal letto e mi dico “SOLO PER OGGI LA MIA VITA SARA’ UNA CELEBRAZIONE”. In genere mi capitano sempre nuove possibilità, mi guardo intorno e in quello che vivo trovo sempre un’opportunità per crescere per imparare, per gioire, e tutto quello che mi succede è ciò che desidero! Questa frase che pronuncio al mattino mi porta tanta fortuna, sembra che tutto cospiri a mio favore, tutto quello che desidero si realizza e ogni giorno è migliore del precedente. Se oggi non è il giorno migliore della mia vita, che vivo a fare?” Lui è una persona davvero strana, che onora e celebra la Vita tutti i giorni con il suo impegno, il suo lavoro, il suo amore per il creato, la sua tenacia nel perseguire i suoi sogni, la sua gioia di vivere.

 Le persone strane cercano di migliorare sempre se stesse e il mondo. Inventano cose nuove, desiderano imparare continuamente, cercano modi migliori e più grandi per fare le cose, creano cambiamento. Creano nuove invenzioni, musica, poesia. Creano anche tutto ciò che deriva dall’insoddisfazione per lo status quo, cioè macchine nuove, computer e telefoni super tecnologici, televisori al plasma…

Gli strani tendono a giudicarsi: se qualcuno li critica o fa loro un torto si chiedono cosa hanno fatto LORO e cercano di far tesoro della critica o del torto per migliorarsi. Si chiedono cosa c’è di sbagliato in loro, non capiscono perché non riescono ad accontentarsi di poco come i normali, non si comportano come loro. Sul lavoro ad esempio: i normali lavorano tanto, con fatica e guadagnano poco, mentre gli strani guadagnano tantissimo lavorando il giusto e facendo quello che amano fare, che farebbero anche gratis. Amano talmente il loro lavoro, creano un così alto valore alla vita delle altre persone, che farebbero tranquillamente la stessa cosa anche senza alcun compenso. E invece stranamente i soldi piovono sugli strani da tutte le direzioni. Le persone (sia i normali che gli strani) pagano volentieri anche un prezzo altissimo per i servizi degli strani, così gli strani in genere sono anche ricchi. Gli strani, però non accumulano denaro! Il denaro è il loro schiavo, serve loro per fare la vita che desiderano. Se gliene avanza meglio, ma a risparmiare o a privarsi di qualcosa non ci pensano proprio. Il denaro per loro non è un Dio da accumulare e venerare, ma è un servo fedele che fa ciò che il padrone comanda.

Ci sono strani poveri come Ghandi o Madre Teresa, solo perché VOGLIONO vivere così, donando agli altri, creando valore alla vita di altri, e in fondo non sono diversi dai ricchi. Le svariate donazioni in denaro che Madre Teresa ha ricevuto le ha usate per fare ciò che lei desiderava, e cioè migliorare la vita degli altri.

 Io, Alessandra, ho avuto la fortuna sfacciata di trovare una donna meravigliosa che mi aiuta nelle faccende di casa. Si chiama Valeria e viene dalla Garfagnana, da un paesino di montagna a un’ora di macchina da qui. Venerdì 18 dicembre qui a Lucca ha nevicato e dove abita lei ci sono 50 cm. di neve.

Stamani la donna che aiuta in casa mia madre (che abita a 700 metri di distanza) non è venuta per paura della neve, mentre Valeria ha messo le catene e ha affrontato un viaggio di due ore per venire a lavorare. E ha chiesto scusa per essere arrivata in ritardo! Imparo tantissimo da questa persona strana e speciale e sono infinitamente grata di averla spesso qui con me.

 Ho fatto colazione con un amico strano un giorno in un bar. La barista, una giovane al primo impiego, ci aveva fatto un cappuccino, e quello del mio amico era traboccato dalla tazza, sporcando il piattino e il cucchiaino. La barista ha tentato maldestramente di rimediare, cambiando piattino e cucchiaino, poi le è caduta una brioche sul banco e l’ha raccolta a mani nude porgendomela.

Era imbarazzata, si è giustificata dicendomi:

“Mi scusi, sono solo due giorni che lavoro qui e ancora non ho imparato bene, con voi due ho proprio sbagliato tutto.”

Lo strano le ha risposto: “stia tranquilla, vedrà che presto imparerà bene e il lavoro le sembrerà facile”

Lei lo ha ringraziato sorridendo, poi il mio amico strano ha pagato la nostra colazione con un biglietto da 20 euro e ha detto: “Tenga il resto, è la sua mancia. Voglio cha sappia che abbiamo apprezzato il suo lavoro.”

La ragazza si è illuminata di gioia.

Lo strano ragiona così: “A me accadono tante cose belle nella vita, sono davvero fortunato. Ogni tanto faccio accadere qualcosa di bello e inaspettato nella vita delle altre persone, come i 17 euro circa che ho lasciato di mancia alla barista. Così anche lei crederà che i miracoli avvengono.”

Fa’ che avvengano i miracoli per gli altri e si moltiplicheranno i TUOI! 

 ATTENZIONE PERCHE’ ADESSO TI DO UNA BUONA NOTIZIA: TU NON SEI NORMALE, TU SEI STRANO!

 Tu sei stato creato a immagine e somiglianza di Dio e in te c’è un’anima, un’essenza divina.

Per prima cosa, accettati e amati. La maggior parte delle persone normali non si ama e non sa amare gli altri.

Chiedi e ti sarà dato è una delle grandi verità della Bibbia. Chiedi la grandezza, desidera essere grande. Chiedi che nella tua vita entrino grandezza, gioia e celebrazione.

E stai attento alle possibilità che ti si presentano.

Comincia col convincerti che meriti tutto questo, dicendoti tutte le sere:

“Io mi merito e sono degno di avere un animo grande. Mi merito e sono degno di vivere con gioia almeno l’80% delle mie giornate. Mi merito di celebrare la vita”

Oppure chiedi cosa desideri davvero per te. Chiedi di diventare ciò che adesso non sei ancora, chiedi di superare i tuoi limiti. Tu ti meriti il meglio che la vita può offrirti e puoi averlo se davvero lo desideri.

A volte – è incredibile, ma vero – la felicità fa paura.

Destabilizza la normalità, ti costringe a guardarti dentro, a interrogarti, a cambiare. Una persona normale abituata a lamentarsi, a giustificarsi e a giudicare dà per scontata la sua condizione di infelice e sa che per cambiare deve lavorare duramente su se stessa. Mettersi in gioco, rivoluzionare tutto ciò che fino ad oggi ha creduto vero e giusto e normale è un lavoro faticoso e difficile, che comporta sofferenza. Per questo chi ormai da anni si crogiola nella sua condizione di infelice, si lamenta e si compiange, spesso anche biasimando gli altri colpevoli della sua infelicità NON VUOLE essere felice o ne ha paura.

Ma tu hai diritto alla felicità. Hai diritto ad essere accettato, rispettato e amato per come sei. Ti meriti e sei degno di avere tanti amici, ottime relazioni, di provare gioia e amore per la maggior parte del tempo che hai a disposizione.

Meriti la stima degli altri, meriti di provare emozioni positive e di eliminare dalle tue giornate le razioni quotidiane di rabbia, dolore, odio. Meriti un lavoro che ti soddisfi, che soddisfi le persone a cui il tuo lavoro si rivolge, meriti una vita piena di senso.

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 Ecco i miei tre figli  in un momento di gioia, serenità e affetto.

Nella foto all’inizio sono insieme in vacanza, per mano e felici e qui sopra sono a casa in un momento di tregua dopo un litigio: l’essersi messi in posa per la foto, il fatto di abbracciarsi e sorridere ha immediatamente cambiato il loro stato d’animo! E’ bello provare queste sensazioni il più spesso possibile.

Tu non aspettare di essere lontano da casa per provare la gioia. Fallo sempre, o più spesso che puoi. Trasforma la tua vita in una magia. Riconosci la magia quando ti accadono cose belle, smettila di dare tutto per scontato o di considerarlo una casualità. Momenti come quello della foto sono magici, sono frutto di una scintilla divina presente nel cuore di tutti gli uomini.

 

Ecco come fare in tre piccole, potenti mosse:

Tutte le mattine appena sveglio prova gratitudine per tutto quello che hai. Sii grato per tutto: per la tua famiglia, la tua casa calda,  i tuoi amici, il tuo lavoro, la salute.

Porta la tua attenzione a quanto sei fortunato per avere tutto ciò che hai. Più sei grato più cose ti arrivano.

Dopo ripeti 3 volte la frase:

oggi è il giorno più bello della mia vita.

Poi, per tutta la giornata, stai attento a tutto ciò che ti succede e cogli ogni segno di novità.

Tutte le sere fai un piccolo bilancio della giornata e chiediti: cosa avrei potuto fare meglio? Poi rivivi i momenti della giornata con le scelte diverse che avresti potuto fare e crea la tua giornata ideale. Piano piano con questo esercizio diventerai consapevole di come puoi scegliere un comportamento diverso che può farti stare meglio e farti provare più gioia.

E per finire, la sera pronuncia questa fantastica frase: “Tutto nella vita mi viene con facilità, gioia e gloria”. Questa non è un’affermazione positiva perché include il bello, il brutto e l’orribile. Prenderai TUTTO, con facilità gioia e gloria. Pensa a come sarebbe bello se lo scopo della tua vita fosse quello di stare bene e diffondere gioia e amore: in quel caso prenderesti la vita con facilità, gioia e gloria. Ripetilo almeno 5 volte e la tua vita comincerà a cambiare. Appendilo sul muro di cucina. Spiega alla tua famiglia che hai messo lì quella frase per ricordarla: cambieranno anche loro, perché la leggeranno tutti i giorni.

 

Prova per almeno un mese questi tre brevi esercizi e mi dirai i risultati. Anch’io come te sono un po’ normale e un po’ strana, ma da stasera inizio i miei esercizi per diventare ancora più strana

 

A chi insegue un sogno nella vita,

ai tenaci, ai testardi.

Agli ostinati,

a chi cade e si rialza

a chi ci prova ed a chi non molla mai.

Perché loro sono quelli che guardano avanti

quelli che sperimentano sempre

quelli che credono nel futuro

e non smettono mai di sognare.

Quelli che si sentiranno vecchi

solo quando i rimpianti saranno

superiori a i sogni.

Se non puoi essere una via maestra, sii un sentiero.

Se non puoi essere il sole, sii una stella,

sii sempre il meglio di ciò che sei. 

Martin Luther King

 

 

Un abbraccio, e auguri VERI.

Alessandra

terzo e ultimo capitolo. Che performance, Alfredo!

Un pò di suspance di golf in questa parte finale del racconto. Alfredo, ti voglio ancora a raccontare le tue storie qui sul blog!

TERZO CAPITOLO             

Come in tutti i circoli ci sono alcune gare che sono particolarmente sentite da un nutrito gruppo di soci. Una di questa era una gara a squadre che si teneva alla fine dell’estate in un circolo lontano dal nostro. Era diventato un appuntamento importante perché rappresentava  l’occasione per prendere qualche ulteriore ultimo giorno di ferie, e sanciva il termine della stagione calda prima di ripiombare nella monotonia della vita cittadina senza più quel bel sole brillante, a volte torrido, che ci aveva accompagnato per quei veloci mesi estivi.

Si trattava di una competizione a squadre di quattro giocatori; si svolgeva su due giornate con punteggio medal e venivano considerati ai fini della classifica i migliori tre risultati; infine, cosa di non poco conto per noi, c’era un limite di handicap. Noi, pur con frequenti passaggi a vuoto, eravamo riusciti, chi più chi meno, ad abbassare il famigerato handicap, che però era sempre superiore al limite di questa gara. Pertanto se avessimo voluto partecipare avremmo dovuto giocare con un handicap di alcuni colpi più basso del nostro.

Diverse volte squadre del nostro circolo avevano vinto o si erano piazzate sul podio, per cui i veterani di questa gara sapevano bene come fosse importante difendere l’onore ed il prestigio che il circolo si era conquistato nel tempo. Dopo averci pensato a lungo decidemmo, con un pizzico di follia e tanta faccia tosta, di iscrivere i nostri nomi sul tabellone per partecipare a questa competizione, affinché fossimo inseriti nelle varie squadre.

I decani del circolo formarono i vari team. Io mi trovai inserito in una squadra dove ero chiaramente il “vaso di coccio fra i vasi di ferro”; gli altri tre partner erano prime o seconde categorie con palmares di tutto rispetto, cioè veri e propri volponi dei campi di golf. Non mi persi d’animo, incominciai a pensare che poteva essere l’occasione buona per vedere, e far vedere, che anch’io potevo dire la mia parola in fatto di golf! Mancavano un paio di settimane alla gara. Intensificai le presenze sul campo pratica per rendere un po’ più solido il mio gioco e migliorare la sicurezza in me stesso. Vidi qualche progresso.

Arrivò il giorno dell’inizio dei due giorni di gara.  Partii sul tardi, con altri tre compagni di gioco piuttosto seri e taciturni. Ebbi la fortuna di iniziare bene, giocando con concentrazione e soprattutto con calma, senza quella frenesia che talvolta ti attanaglia, con la sensazione di non vedere l’ora di finire la gara. Continuai a giocare bene per tutto il percorso. Chiusi la giornata con un eccellente (per me) 69  netto di colpi medal, tre sotto il  par.

Quando comunicai il risultato ai partner della mia squadra ci furono manifestazioni di  sorpresa, non si aspettavano una simile performance, ma soprattutto il mio risultato permise di scartare un 73 e ci consentì di collocarci provvisoriamente al primo posto in classifica, distanziando di due punti la seconda in classifica. Provai una bella soddisfazione, tutti mi facevano i complimenti.

Ero contento ma in un angolo della mia testa non facevo che pensare alla gara del giorno dopo e mi dicevo “Se domani gioco male sciupo tutto, ora mi fanno i complimenti, ma saprò meritarmeli anche domani ? Se qualcosa mi va storto? Cado “dagli altari nella polvere” e ritorno nella mia aurea di mediocrità golfistica? ”

In effetti l’ infida insidia era in agguato e la malignità umana  mi aveva riservato una spiacevole sorpresa.

La notte non avevo dormito un granché bene, comunque la mattina mi presentai sul tee di partenza rilassato e determinato a ripetere la performance del giorno prima. Partii bene e continuai a giocare bene con la testa leggera dai pensieri ma concentrata sul gioco. Le buche scorrevano  piacevoli e sapevo bene cosa tirare e soprattutto come portare il colpo.

Arrivai alla penultima buca con un buono score: ero uno sotto il mio par. La buca è un par  4 di poca difficoltà, molto ampia, in discesa, costeggiata da dei boschetti. Tirai il drive lasciandomi andare: ne venne fuori un colpo eccellente, arrivai a non più  di 110 metri dal green.  Mi incamminai verso la pallina pregustando il ferro che avrei tirato e vedevo già la pallina sul green, mi immaginai di fare due putt e di chiudere con un bel par, con un vantaggio, anche se esiguo, sufficiente  per giocare con assoluta tranquillità l’ultima buca.

Mentre stavo per raggiungere la pallina vidi che dal fondo del fairway veniva verso di me un cart. Arrivatomi vicino il guidatore del cart, che riconobbi essere il capitano della squadra che nella giornata precedente si era classificata seconda, mi urlò come un ossesso: “Quanti colpi hai fatto finora ?  Perché, caro giovanotto, se non chiudi il percorso in par la coppa della gara ce la portiamo via noi.”

Rimasi impietrito e risposi : “Non  so con precisione quanti colpi ho fatto, domanda al mio marcatore.”  Si allontanò velocemente e si fermò a parlare a lungo  col compagno di gioco che marcava i miei punti. Ero inebetito, all’improvviso tutta la mia sicurezza era sparita, la testa mi era andata in confusione, era chiaro che questo tristo personaggio era venuto per condizionarmi e farmi andare fuori fase e devo dire che c’era riuscito in pieno.

Quando fu il mio turno andai sulla pallina e provai il colpo: nella mia testa non mi riusciva più  coordinare il movimento con i giusti tempi. Dopo diverse incertezze  mi decisi a tirare: il colpo partì alto ma  spostato sulla sinistra  rispetto all’obiettivo; la pallina andò a finire addirittura in una piccola discesa sotto il  bunker che difende il green.

Tutto sommato non era andata proprio male. Si trattava ora di fare un approccio, volare sopra il bunker e piazzare la pallina il più vicino possibile alla bandiera. Facile a dirsi, più difficile a farsi, soprattutto quando  ti trovi sotto pressione e devi fare in tutti i modi un colpo più che decente. Tirai: come prevedibile sbagliai tutto, alzai la testa prima di colpire la pallina. Partì una saetta raso terra; già vedevo la pallina volare attraverso il green e dirigersi pericolosamente verso una pineta poco distante.                                                                                                                                                                                                                                                              In In quella frazione di secondo vidi cadere le mie illusioni di successo, ma la mia buona sorte mi aiutò.  La pallina radente colpì in pieno il bordo superiore del bunker, che era in leggera salita; si impennò e ricadde  lunga sul limite del green .Tirai un grosso sospiro di sollievo, mi calmai per un momento e non so come riuscii a imbucare con due canonici putt. Avevo fatto bogie, e mantenevo il mio leggero vantaggio di uno sotto il par.

L’ “avversario”. mi guardava e vidi un leggero moto di disappunto aleggiargli sul viso. Ero in fibrillazione perché  non sapevo né se questo tizio mi aveva detto la verità, né che risultato avevano fatto i miei compagni: la mia mente vagava.  Iniziai l’ultima buca, altro par 4 di media difficoltà; anche questa volta tirai un ottimo drive e piazzai la pallina in un punto dal quale riuscivo a vedere bene il green; era importante mettere bene il primo tiro, perché la  difficoltà della buca consisteva nel superare con il primo tiro la curva sulla destra al termine di una fitta fila di alberi che costeggiava il percorso.

Quando arrivai sulla pallina alzai gli occhi e vidi che su una piccola montagnola, che coronava in alto il green, erano assiepate diverse persone, fra le quali i compagni della mia squadra, tutta la squadra avversaria e tanti amici. Mi apprestai al tiro con una certa emozione perché sentivo su di me tanti occhi. Il silenzio mi sembrava assordante.   

Ti rai un ferro. La pallina si alzò bene, diritta come una spada in direzione della bandiera: toccò però terra troppo presto, sul bordo del bunker, ma anziché rotolare verso il green prese un po’ di discesa e si fermò in mezzo alla sabbia. Avevo indovinato  quasi tutto: movimento e direzione, ci sarebbe voluto solo un pizzico in più di determinazione.

Sentii dei mormorii, quasi certamente di disappunto, da parte dei miei compagni ( li avevo delusi), o di sollievo dagli avversari. Mi  feci coraggio. Mi dissi l’importante è metterla in green, anche se l’uscita dal bunker era uno dei miei punti deboli. Riuscii a tirarla fuori, ma la buca era ancora molto lontana situata sopra una salitella.  Con il primo putt restai molto corto, col secondo  mi avvicinai alla buca restando ancora corto e finalmente con il terzo imbucai. Feci un grosso respiro perché  avevo finito anche se con doppio bogie e mi ero rimangiato il punticino di vantaggio che avevo. Controllammo gli score e io firmai il mio 72, cioè il par del campo.

Lo comunicai ai miei compagni di squadra, che aspettavano ansiosi, e alla notizia fecero grandi salti di gioia: pensavano infatti che non fossi riuscito a tirare il primo colpo tanto lungo e che fossi riuscito a vedere la buca solo con il secondo colpo. Quindi pensavano che avessi chiuso la buca in sette colpi, anziché sei come invece avevo fatto.

Avevamo vinto per 1 punto e il mio risultato era stato decisivo sia nel primo che nel secondo giorno.

Avevo vinto con me stesso, con il campo e soprattutto con quell’ “ossesso” che aveva fatto di tutto per innervosirmi, cercando di gravarmi di responsabilità affinché “scoppiassi”. Ero diventato l’argomento del giorno, tutti mi facevano i complimenti; ero euforico, mi sembrava di camminare senza toccare terra, fluttuavo a mezz’aria. Negli spogliatoi anche i miei amici si erano uniti ai rallegramenti ed io, tutto felice, fra le tante cose che si dicono fra di noi in confidenza e in libertà, dissi:

 “Una giornata così è impagabile, mi diverto più a giocare a golf che a fare sesso!”

“E’ vero, è vero, hai  pienamente ragione!” mi assecondarono ridendo, anche loro in coro, con foga.  La sera eravamo tutti a cena con le nostre mogli; una bella tavolata, un bel locale, ottimo cibo festeggiavamo la vittoria con tanta allegria. Ovviamente avevo offerto lo spumante. 

Al momento culminante della festa, cioè al brindisi,  quelle vipere dei “miei più cari amici, che  furbi come faine aspettavano il momento propizio, catturarono l’attenzione di mia moglie e di tutti i presenti e si slanciarono a riferire con enfasi e dovizia di particolari l’affermazione da me, incautamente ma ingenuamente fatta negli spogliatoi. Tutti scoppiarono in una grassa risata. Una sola persona restò seria: mia moglie, la quale abbassò il bicchiere che aveva in mano, mi lanciò un’occhiata gelida e tagliente e con voce stentorea, affinché tutti potessero ascoltare bene, mi disse:

“Amelio, a me sembra che questo gioco del golf ti abbia completamente rimbischerito!!!!!” 
 
 

    

                                                        .        F I N E

Eccezionale: secondo capitolo INTERO del racconto di Alfredo

Finalmente svelato il volto di Alfredo, il bancario-scrittore (come me!)

Finalmente svelato il volto di Alfredo, il bancario-scrittore (come me!)

In questo secondo capitolo le parole e le allusioni si fanno più incisive, tipico dei toscani a cui piace COLORIRE le storie che raccontano. Buona lettura, grazie Alfredo!

Secondo capitolo.

Quando ero in viaggio per andare a fare le gare non pensavo ad altro che agli insegnamenti che mi avevano dato: gira le spalle, attraversa la pallina e non cercare di colpirla, fermo con la tesa, non la girare prima del tempo,  peso sulle cosce, sedere un po’ indietro, impugna bene il bastone, deciso nella presa senza serrare troppo, fai conto di aver in mano un passerotto, tienilo fermo per impedire che voli via, ma senza stringerlo troppo altrimenti soffoca.

C’erano tante cose da ricordare e ogni volta che le riepilogavo ne dimenticavo qualcuna.

In ogni caso mi auto convincevo che quella era la giornata buona per far risultato.

Entravo nella club house tutto allegro e pimpante, salutavo tutti e parlavo con gli amici ed alla consueta domanda: “Oggi ti senti in forma ?” rispondevo invariabilmente “ Tutto OK, Sento il movimento !! Oggi lo sento!”  In effetti la notte precedente la gara prima di addormentarmi ripensavo allo swing e nella mia mente cercavo di risentire la sensazione giusta dell’apertura e chiusura del movimento,  sentivo il rumore della pallina colpita, “ciaff”, quasi fosse una sinfonia di Beethoven  e questo dolce pensiero mi conciliava il sonno.

Diversi anni prima altri erano  i pensieri e le sensazioni che mi frullavano per la testa prima di addormentarmi, altro che golf !! Chissà se avessi conosciuto il golf da giovane ? Sarebbe stato un aiuto come anticoncezionale ?

La sera, dopo la giornata di gara, con la mente ricostruivo tutti i colpi tirati durante la gara, arrabbiandomi con me stesso per gli errori che avevo fatto, ripromettendomi che il giorno dopo sarei andato al campo pratica per riprovare i colpi che avevo sbagliato.

Quelle rare volte che mi capitava di fare una bella gara al momento di addormentarmi mi lasciavo pervadere da quella piacevole sensazione di calma e di felicità che un buon risultato di golf sa dare.

Ovviamente quando la gara andava bene fra le prime cose che facevo c’era quella di mandare sms agli amici con il punteggio che  avevo fatto.  Quando non ero io ad inviare gli  sms,  erano i miei amici a chiedermi, sempre  tramite sms  “Come è andata ?” e dopo averli informati del  mediocre risultato ottenuto mi rispondevano: “Non te la prendere, anche questa volta hai beccato il virgolone; farai meglio la prossima volta”.   Sapevo che dentro di loro gongolavano, non per cattiveria o invidia ma per quella competizione che il golf scatena anche fra le amicizie più salde e durature.

Quando partivo con il primo colpo dal tee della buca uno riuscivo quasi sempre a fare un buon tiro e alla gente che assisteva alla partenza e si congratulava,  io rispondevo “ Il problema non è il primo colpo, il vero problema sono gli altri 99 colpi che devo ancora fare  !!”.

Le giornate in cui riuscivo a fare risultato, sentivo subito dentro di me che poteva essere una giornata buona; giocavo con calma, non pensando ad altro che alla correttezza del movimento e mentre mi avvicinavo alla pallina pensavo al ferro che avrei utilizzato: andavo sulla pallina con calma, tiravo e il colpo andava dove pensavo arrivasse. E’ una sensazione unica: ti senti sicuro di tutto quello che fai, sul putt vedi subito la traiettoria che deve fare la pallina, come se sull’erba ci fosse disegnata la stradina da percorrere. Sugli approcci senti la giusta forza che devi attribuire al colpo:  in pratica riesce tutto (o quasi)

Non ho ancora capito quali sono i fattori che determinano queste giornate  di grazia: ogni tanto capitano e sono sensazioni magnifiche, anche se, purtroppo per me, rare.

Quando potevo, durante la settimana, andavo in campo pratica.

Spesso trovavo i  miei amici; tutti giochiamo quasi allo stesso livello, il migliore è Giandomenico che riesce ad avere un grado di concentrazione superiore al nostro, ed è migliore anche sotto l’aspetto tecnico. Ha quell’aria sorniona e furba, da finto svagato, ma sempre concentrato e attento; uno di quei classici tipi che, come si usa dire fra noi, “Lo sa lui dove ha la tana il polpo “.

Terzilio quando pratica, ma anche quando gioca sia in gara sia in allenamento, è  sempre preoccupato di andare “Over” cioè aprire più del dovuto. In realtà giocherebbe bene, meglio di tutti noi. Ha una biblioteca fornitissima di trattati di golf e di video su lezioni, ma è sempre alla ricerca di migliorare i suoi colpi, per questo dà retta a tutti quelli che gli danno i consigli:  il risultato è che non riesce a standardizzare il suo movimento.    Quando gioca con noi ad ogni colpo si gira verso  e ci chiede: “Sono andato over ?”, e noi “Ma no Terzilio, sei andato proprio bene” e lui si tranquillizza, per poi, al colpo successivo, rifare la stessa domanda:  brutta cosa la vecchiaia  !!!!

Un giorno facevamo una partitella fra noi:

Rolando sbagliò il primo colpo  alla partenza della buca 1 ed io prontissimo gli dissi::

“Rolando fai come ti dice la tu’ moglie quando siete a letto ”, e lui:

“ Cosa dice la mi’ moglie ?”

“Rolanduccio. Rolanduccio mio, fai la mulligan, perché la prima non ti è venuta  un granché bene  !!!”.

Durante una partita amichevole, ma corroborata da tanto agonismo e voglia di vincere, Giandomenico, sempre con quella sua aria, giocava  piuttosto bene e si avviava a vincere la sfidetta fra noi.  Non sapevamo come farlo distrarre, le barzellette e le battute non servivano a niente; avevamo esaurito tutto il nostro repertorio, ma lui imperterrito non demordeva.

Ad un certo punto ebbi un’intuizione e, sperando di farlo distrarre, gli dissi “ Senti, ma se io vado a letto con tua moglie diventiamo parenti ?” e  lui pronto mi gelò “ Parenti no, ma saremmo pari.” .

Capii che quel giorno avrei dovuto pagare  io la bevuta.

Fu in quell’occasione che successe un fattaccio.

Eravamo quasi alla fine del percorso.

Con noi giocava un altro amico, uno spilungone alto e magro.

Avevamo tirato tutti il primo colpo e c’incamminammo per tirare il secondo.

Quest’amico si avviò allargandosi sulla destra per  cercare la sua pallina, ben fuori sulla linea di tiro.

Dopo circa 40 –50 metri si fermò per guardare se riusciva a vederla.

In quel momento uno di noi tirò il secondo colpo: ne venne fuori uno slice mostruoso verso la destra. Nonostante i nostri urli d’avvertimento, lo spilungone non riuscì a scansarsi e fu colpito in pieno alla testa.

Sentimmo uno schiocco sinistro.

Con una macchina lo portammo di volata al pronto soccorso, preoccupatissimi.  Gli fecero tutti gli esami di rito comprese radiografie, tac.

Per fortuna il responso fu ottimale: non c’era niente di rotto né di grave. Per cui potemmo

tornare al circolo, per prendere un bel the rilassante.

Quando eravamo tutti tranquillamente felici d’averla scampata bella, Terzilio tirò fuori la pallina che aveva incocciato la testa dello spilungone: era incrinata.

Da quella volta nessuno di noi si avventura in avanti prima che tutti abbiano tirato.

Intanto aveva incominciato a giocare a golf anche un altro degli amici storici: Alfonso. Era stato per molti anni restio a passare al golf; ma, dopo averlo “asfissiato” con le nostre avventure golfistiche, alla fine, non potendone più, cedette.

Gran bridgista, suona la chitarra e canta bene come pochi altri

Le sere d’estate quando attacca con le sue canzoni anni ’60 le donne, complice qualche bicchiere  di frizzantino ben fresco, si perdono, romanticamente, fra le spire delle sue note musicali,mentre gli uomini tentano, malamente, di imitarlo.

Giocava solo da pochi mesi ma, come tutti gli artisti, aveva una piccola debolezza: si sentiva in dovere di dare consigli golfistici a chiunque giocasse, in allenamento, con lui.

Lo chiamavamo, per questo, “ O’ Professore “: qualunque fosse l’handicap del compagno di gioco  gli veniva spontaneo dare consigli su tecniche, movimento, apertura, impugnature e quant’altro gli capitasse di occhieggiare.

Non che dicesse cose sbagliate, anzi, con quel suo bonario, cordiale e altruistico modo di fare, diceva (quasi) sempre cose giuste; ma dopo un po’ la calma svanisce e non  diventa facile fare un percorso con uno accanto che ti suggerisce cosa devi fare: in quelle occasioni  capii   esattamente come doveva sentirsi Pinocchio quando perse la pazienza col Grillo Parlante, e  pensai bene di rivalutarlo (Pinocchio s’intende).

Per un periodo Alfonso aveva preso a giocare, tra gli altri, anche con una signora che non giocava malaccio, soprattutto quando faceva la prova del colpo.

Quando si gioca con gli amici è consuetudine, da gentiluomini come siamo, “dare”  per buono il colpo quando la pallina è vicinissima alla buca ed è praticamente impossibile sbagliare il putt.

Una volta Alfonso aveva messo la pallina a pochi centimetri dalla buca.

Poiché la signora stava zitta, lui gli disse: “Me la dai ?”.

Gliela avrà data ?   Non gliela avrà data? La risposta alla prossima puntata.

“Dartela? Dartela? Ma io  non ci  penso proprio a dartela! Figurati che non la do più nemmeno tanto spesso a mio marito! E dovrei darla a te? Ma  chi ti credi di essere? Ti sei guardato allo specchio?”.

Il povero Alfonso, imbarazzato e con gli orecchi ciondoloni, non sapeva cosa rispondere e anche gli altri compagni di gioco, interessati e con un mezzi sorrisetti stampati sulle facce, aspettavano di sapere come sarebbe andata a finire; allora con un filo di voce sussurrò:  “ Ma io intendevo se mi davi la pallina per buona !” e lei  tranquilla “Per principio non la do, quindi non ti do neanche buona questa pallina. Gioca, gioca e fai meno il furbino con me! “.

 

Lunedì mattina la terza e ultima puntata del racconto,  da pubblicare eventualmente in due tempi a seconda di quanto è lunga. A presto!

Primo capitolo del romanzo di Alfredo

LEGGI PRIMA L’ARTICOLO PRECEDENTE CON L’INIZIO DEL ROMANZO!
Lo pubblico a pezzi e quando sarà finito lo riunirò in un solo, lunghissimo post. Mano a mano che Alfredo “produce” ne pubblico un pezzettino. Buona lettura!

Quel giorno – data memorabile – iniziammo anche noi e cercare di colpire la pallina che se ne stava calma, ferma, docilmente appoggiata sul tee di gomma ad una buona altezza dal tappetino per facilitare i nostri colpi.
E’ scontato dire che con i primi colpi non riuscivamo neppure a sfiorare la pallina.
Quando riuscivamo a colpirla ci mettevamo tanta rabbia e cattiveria (la forza è quella che è alla nostra età) ma quello che riuscivamo a ottenere è che questa si allontanava poco dal tappetino, non si alzava da terra e si limitava in modo insolente a fare qualche saltello e pochi metri: e fu in quell’occasione che sentimmo per la prima volta la parola “rattone”. (termine satirico usato da chi ci stava accanto e ci guardava con il sorrisetto sotto i baffi come a voler dire, anche se si guardava bene dal dirlo “poveretto, questo non capisce nulla – e non solo di golf -, io si che sono un “ganzo” e so giocare, oltre a capire tutto).

Fu proprio questo diffuso alone di sfiducia percepito nei nostri confronti che ci spinse a continuare con il golf: decidemmo quindi anche noi di prenotare alcune lezioni con il Signor Maestro.
Mi ricordo che quel giorno noi 4 andammo insieme a mangiare al ristorante della club house e questa diventò una simpatica consuetudine.
Davanti a bei piatti di fumanti spaghetti quel primo giorno non parlammo altro che di golf: unica interruzione fu la telefonata che Terzilio fece al negozio della moglie; gli rispose la suocera (la mamma della moglie) che gli disse;“ Non c’è tua moglie Terzilio, è andata dal parrucchiere”.
Anche questa diventò una consuetudine: tutti i sabati Terzilio telefonava al negozio per parlare con la moglie e invariabilmente la suocera gli rispondeva che non c’era. Appena la suocera diceva a Terzilio che la moglie non c’era, noi, i suoi più cari amici, incominciavamo a domandargli “ Ma tua moglie dove va tutti i sabati all’ora di pranzo ?
Avrà per caso qualche simpatia e tua suocera le copre le sue scappatelle ?”.

Tormentavamo il nostro amico, ma sapevamo tutti la verità. La moglie di Terzilio è un’eccellente e brava moglie, affezionata alla famiglia e fedele al marito; ha però una passione: le piace fare shopping, cioè comprarsi capi di abbigliamento e relativi accessori (dispone di suoi soldini e se lo può permettere – beata lei -). L’ora di pranzo del sabato è il momento migliore per fare le “spesucce” in centro: i negozi sono aperti, il marito non c’è, per il suo negozio è un momento di calma.
Fra noi amici storici circola una storiella: la moglie di Terzilio ha così tanti capi di vestiario e relativi accessori che è impossibile ricordarsi tutto e soprattutto è impossibile conservare tutto in una casa normale e soprattutto impossibile potersi ricordare a colpo sicuro dove sono riposti.
Siamo giunti alla conclusione che il povero Terzilio è costretto a archiviare ordinatamente sul pc dove sono riposti tutti i capi di abbigliamento della moglie, cioè armadio A,B,C di casa, oppure cantina, oppure quartiere della mamma, cantina della mamma, casa al mare…!

Dopo questa piccola trasgressione sul buon Terzilio torniamo alla fase iniziale del nostro golf. Volevamo sapere tutto sull’abbigliamento, sull’attrezzatura, sugli accessori necessari per giocare e ovviamente sui relativi costi.
Dichiarammo senza alcuna esitazione che noi non avremmo comprato nulla senza essere più che convinti che il golf sarebbe diventato il nostro sport; ci lasciammo andare a dichiarazioni tipo
“noi non spenderemo una lira fintanto che non saremo super convinti di continuare a giocare a golf”. A quei tempi non c’erano ancora i famigerati euro: famigerati perché nella realtà 1 euro è corrisposto a quello che con le lire valeva 1.000 lire. Eravamo ancora convinti che sarebbe stata un’infatuazione passeggera.
Il sabato successivo andammo a prendere la prima lezione. Io mi vestii per l’occasione con un paio di pantaloni che non mettevo da tempo, di color nocciola e un golf dimesso da mio figlio, perché forse non era all’ultimissima moda,ma di ottima lana di colore verde bosco con una striscia sul torace di color mattone. Forse l’abbinamento dei colori non era ottimale, ma mi sembrava di essere molto a posto e mi piacevo!

Tra l’altro mia moglie quando mi vide non mi brontolò, come fa spesso quando qualche abbinamento non è di suo gusto; e di gusto ne ha e tanto. Mi confessò poi che quella mattina non mi disse nulla perché mi vedeva contento e non voleva turbarmi…
Quando il mio amico Rolando mi vide mi disse: “ Ma come ti sei vestito ? Tu mi sembri un albanese !!”
La cosa non mi turbò più di tanto perché ero eccitato per prendere la prima lezione di golf. Avevamo prenotato un’ora di lezione dal Signor Maestro (mezz’ora Rolando e mezz’ora io) e così incominciammo a giocare e non fu un inizio facile. Ma il sacro fuoco che ci aveva preso ci fece abbandonare tutti i buoni propositi di non comprare niente. Subito dopo la prima lezione comprammo tutto l’occorrente e anche il superfluo, tramite il Signor Maestro che si “offrì” di acquistare per noi il materiale, l’abbigliamento e quant’altro tenendo conto delle nostra caratteristiche. L’unica cosa che non comprò per noi fu l’ombrello; ma quando dopo alcuni sabati ci presentammo con l’ombrello che ci avevano regalato le nostre mogli non celò il suo malumore perché ci eravamo permessi di fare acquisti di materiali “sofistici” (nel senso di tecnici) senza il suo permesso,o meglio senza il suo tramite.

Così ebbe inizio il nostro percorso golfistico. Iniziammo a giocare con continuità, ci iscrivemmo ad un circolo più importante, superammo brillantemente al primo turno l’esame delle regole, ci iscrivemmo a tutte le gare del circolo per acciuffare questo benedetto handicap.
Cominciammo a fare gare con una certa regolarità, non vedevamo l’ora che arrivasse la domenica
per poter gareggiare e dopo tante AMARE domeniche e qualche rara gara decente riuscimmo anche ad abbassare l’handicap! Ah il golf, che insana passione…

Fine primo capitolo.
Il secondo capitolo potrai leggerlo per intero venerdì mattina.