approccio mentale

Invidia per chi gioca bene…?

Metti un giorno in gara con un amico, lui gioca da Dio e tu fai schifo. 

Non puoi negare di provare almeno una punta di invidia. Mi  puoi raccontare che non ti importa degli altri, che il golf ha per natura un andamento altalenante, che non sai cosa sia l’invidia… ma io non ci credo!

Appena lui sbaglia immagino che tu provi un piccolissimo piacere, ti consoli dicendoti: anche lui è umano!

Per contro, lui, il tuo amico che gioca bene, vedendo te che vai avanti a rattoni, slices e flappe varie sai cosa prova?

Una punta di compassione. Preferirebbe che tu giocassi meglio per non doversi minimamente dispiacere per te e rimanere ancora più concentrato sul suo gioco. Da cosa ti accorgi della sua compassione?

Da quello che ti dice! Appena sbagli l’ennesimo colpo pensa lui a giustificarti: “era un colpo difficile, avevi la palla messa male…”

Adesso ti do una dritta testata per interrompere il brutto gioco appena senti una frase consolatoria del compagno. Quella frase è il campanello di allarme per svegliarti da uno stress mentale che ti causa il brutto gioco. Lo sai, vero, che quando giochi male significa solo che non stai pensando alla cosa giusta? Significa che non ti stai divertendo, che sei stressato e non vedi l’ora di finire la gara. Allora…

Trasforma la frase consolatoria in tre mosse.

1 – Ringrazia il tuo compagno e digli che in realtà non stai giocando male per colpa della palla. Scusati mentalmente con lui se hai provato invidia.

2- Respira profondamente e rilassa i muscoli mentre ti mormori che ti vuoi bene lo stesso nonostante i tuoi brutti colpi.

3 – Proponiti con intenzione di divertirti da adesso in poi

L’intenzione pura di restituire al golf il suo ruolo di divertimento basterà a distogliere la tua mente dallo schema negativo in cui eri immerso fino a che il tuo compagno te lo ha fatto notare con la sua frase compassionevole.

Invidia e compassione sono due sentimenti opposti, che si annullano fra loro. ANNULLALI E VEDRAI CHE SWING!

Faremo esperienza di questo sistema “auto-migliorante” alla clinic golfissati di marzo dove sperimenterai il colpo perfetto. Se vuoi partecipare trovi i dettagli cliccando qui sotto:

clinic golfissati 2013

 

paura del giudizio

    Sabato pioveva a dirotto ma non sia mai che rinunci al golf!

Con marito e figlio partiamo speranzosi – a volte le previsioni del tempo sbagliano – a volte vicino al mare il tempo è migliore che qui a Lucca – se poi fosse una pioggerellina di tipo scozzese potremmo giocare ugualmente.

E invece… tuoni, fulmini, lampi e pioggia scrosciante. Decidiamo per il campo pratica coperto.

Il campo pratica non è esattamente la mia passione, non ne ho mai fatto un mistero. Del resto, anche i miei risultati parlano chiaro: sono in terza categoria, non mi ci schiodo dall’alba del mio golf. Ma mi va bene così. Cerco ogni possibile strategia per giocare al meglio con le mie risorse e spesso la trovo.

Comunque sabato ho preso un secchio pieno di palline e mi sono armata di buona volontà.

A un certo punto della pratica è arrivato il maestro con un’allieva e si è messo proprio dietro di me. Indovina un pò? Mi sono sentita – a torto – osservata e ho cominciato a fare swish/sdeng/stumf, un parente lontando del gioco del golf.  Cosa è successo nella mia mente?

– paura del giudizio (le paure avverano il mio peggior GIUDIZIO del mio golf)

– imbarazzo per essere sotto i riflettori (ERRORE! Al maestro di me non gliene frega niente. Probabilmente neanche mi guardava)

-poca fiducia nel mio gioco (per forza! Gioco solo in campo)

– nessuna focalizzazione sui colpi (ero focalizzata sul DIMOSTRARE)

Dopo qualche brutta palla sono tornata in me per tirar fuori dal cappello uno dei miei sistemi mentali. Ho fatto tre respiri profondi e ho praticato il “da-da-da-da”, il  fratello gemello di “pronti-attenti-via-fine”. Pronunciavo la parola DA allo stance, DA alla fine del back, DA all’impatto e DA al finish. Evitavo di pronunciare le sillabe a voce alta, ma focalizzavo il mio pensiero sulle sillabe che sussurravo mentre guardavo la palla. Finalmente avevo spostato l’attenzione dall’ego (dimostrare, importanza, pensare di essere interessante agli occhi del maestro…) al PRESENTE.

Prendevo colpi meravigliosi! E la cosa più bella è che piacevano a ME e non volevo dimostrare niente a nessuno.

Alle clinic golfissati pratichiamo a lungo l’esercizio pronti-attenti-via-fine, forse è quello con la maggior percentuale di successo.

E’ ben descritto anche nel mio “Segreti delle Clinic Golfissati” che hanno già scaricato in molti. Per chi partecipa a una clinic è GRATIS!

Se ancora non hai visto la presentazione, è QUI

 

Di quelli che hanno partecipato alla clinic me lo hanno chiesto solo in 4. Chiedete e vi sarà dato! 

 

una golfissata speciale

Ho conosciuto Nicoletta quando ha commentato il post sul mio blog “golf e malattia” in cui raccontavo la storia di Angelo, un golfista che sta curando il Parkinson come lei.
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E’ venuta alla mia clinic e si è applicata con entusiasmo per apprendere il più possibile da ogni momento trascorso insieme. Il secondo giorno, giocando con lei, ho avuto l’onore di vederla imbucare con un approccio da lontano, giusto coronamento per chi gioca con senso di divertimento e leggerezza.
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La sua storia di dolore-rinascita ti toccherà il cuore.
Per te che stai passando un momento difficile
Per te che stai curando la depressione
Per te che devi convivere con una malattia
Per te che pensi di avere problemi di vario genere
ma anche per te che sei già felice
Nicoletta ti racconta la sua storia, ti invita a giocare a golf (amando i suoi alti e bassi) e a ritrovare l’entusiasmo di vivere.
                                                                                                                                                                 –
“E’ una bella giornata di aprile del 2009. Un giorno come un altro, quando, tornando dal lavoro, Giuliano, mio marito,  mi comunica l’esito dell’esame cui mi ero sottoposta qualche giorno prima; la diagnosi era Malattia di Parkinson.
La reazione, come prevedibile, non è delle migliori, piango,mi dispero e “rifiuto”, non ne voglio proprio sapere.
                                                                                                                                                                   –
Subito mio marito e i miei figli, con molta pazienza e comprensione cercano di tranquillizzarmi, ma da quel momento comincia un brutto periodo.
Mi documento sulla malattia in modo ossessivo, voglio sapere tutto e naturalmente, venendo a conoscenza di quale potrebbe essere l’evoluzione della stessa, mi costruisco films mentali prevedendo per me lo scenario peggiore.
A questo punto interviene Giuliano e mi fa capire che il problema va affrontato da un duplice punto di vista; quello della terapia farmacologica e dell’assistenza neurologica e quello della fisioterapia per prevenire la rigidità artro-muscolare che rappresenta una seria complicanza della malattia di Parkinson.
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Poichè mio marito da quarant’anni ha uno studio ortopedico associato con un fisioterapista, mi affida alle sue cure per la terapia fisica.
La depressione pia piano mi rende la vita impossibile, sviluppo una forma di “agorà fobia” per cui non riesco più ad uscire in mezzo alla gente, rifiuto i contatti con persone che non siano i miei famigliari, ho paura di vivere.
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Mi sono sempre ritenuta una persona forte, dinamica, sportiva, quasi onnipotente, ma adesso sono fragile, non ho la forza di reagire e devo fare i conti con questa brutta cosa che mi è capitata.
Non posso certo alla mia età (55 anni) vivere in questo modo per cui chiedo a Giuliano di aiutarmi.
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Lui ha un caro amico Psichiatra primario di un grande ospedale milanese, così decido,  io persona “tutta d’un pezzo”, di sottopormi ad una visita, agevolata dal fatto che Teo, lo psichiatra, è anche un mio amico.
Il medico inquadra subito la situazione e mi affida ad un suo collaboratore psicoterapeuta molto bravo di alta professionalità con il quale dopo un primo colloquio mi propone di iniziare presso il suo centro “amici della mente” , un percorso di sedute collettive per una terapia di tipo cognitivo-comportamentale che non prevede supporto farmacologico.
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Gabriele Catania (è il nome dello psicologo) mi aiuta a sviscerare il problema iniziando dal dialogo interiore e con un metodo autoaccuditivo mi porta piano piano a superare le paure indotte da un modo di pensare distorto e disfunzionale acquisendo AUTOREVOLEZZA agli occhi dei convitati e maggior fuducia in me stessa. Ciò significa: Ascoltarsi-comprendere il problema-astenersi dal giudizio-rassicurarsi-valorizzare l’aspetto positivo nelle situazioni negative.
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Dopo circa un anno di questa terapia che comincia a dare i primi risultati, Giuliano ritiene utile fare una verifica della terapia farmacologica del Parkinson, quindi il passo successivo è il Centro Parkinson del CTO di Milano.
Il Professore che mi visita ritiene di aggiungere alla terapia la Levodopa, farmaco principe nella terapia antiparkinsoniana e consiglia molto movimento e fisioterapia.
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Mio marito che da poco ha iniziato a giocare a Golf,mi propone di avvicinarmi a questo sport a sua detta meraviglioso, in quanto
permette di fare movimento coinvolgendo tutti i muscoli e le articolazioni, di camminare all’aria aperta in ambienti bucolici senza peraltro andare mai in debito di ossigeno.
All’inizio sono un po’ scettica, penso di non essere all’altezza, mi sembra uno sport difficile soprattutto dal punto di vista mentale, però dato che nalla vita niente e nessuno mi ha mai intimorita, decido di accettare la sfida.
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In quel bel panorama del golf Acaya nel Salento inizia la mia avventura di golfista.  
Che meraviglia, le prime lezioni con Federico vanno da Dio, le palline si alzano, non vanno molto lontane ma mi piace.
Quando però la posizione si impone, le cose si complicano; momenti sù e momenti giù, ma il golf è così, è veramente una fissazione, ti entra nella testa ma soprattutto nell’anima, come piace ad Alessandra , e non ti molla più. Sbagli, ti arrabbi, ma non vedi l’ora di tornare in campo.
A volte diventa motivo di discussione e anche di litigio con Giuliano, ma anche questo è bello.
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Ad un certo punto però, quando comincio ad andare in campo per prendere l’handicap la situazione si complica: mi sento osservata quando preparo il tiro, ed il tremito alla mia mano sinistra aumenta con conseguente agitazione e disagio.
In questa fase mi sono tornati utili gli insegnamenti del Prof Catania, soprattutto quelli che mi hanno fatto superare i momenti di socializzazione col guppo, tanto che io, taciturna per natura,mi sono spesso ritrovata a tenere banco nelle discussioni.
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Ho trasportato queste sensazioni sul campo da golf, ripetendo a me stessa che se anche ho questa malattia sono e resterò sempre una persona forte, determinata, dinamica che accetta quello che la vita le riserva. Dal punto di vista fisico, i miei trascorsi sportivi, sono maestro di sci, hanno fatto il resto.
Certo la strada è ancora in salita, però ho conseguito l’handicap, e sono soddisfatta per come ho affrontato e superato la situazione.
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Girovagando su internet conosco Alessandra, da subito stabilisco con lei un rapporto di simpatia e di condivisione per il golf e decido con Giuliano e una coppia di amici di partecipare a una delle sue clinic organizzata nella sua residenza di campagna nelle vicinanze di Lucca.
Posto incantavole e compagnia fantastica.
Trascorriamo un bel fine settimana fra approcci tra gli ulivi, consigli tecnici di Lorenzo il maestro molto professionale oltre che professionista.
La parte mentale fatta da Alessandra, mi conferma l’importanza dell’aspetto psicologico, dicome sia fondamentale
“ancorare” i bei colpi, esultare dopo un bel tiro, la necessità di riforzare un bel colpo con la parola associata ad un gesto perchè tutto questo aiuta ad avere fiducia in sé stessi nei momenti negativi dopo una flappa o una rattonata.
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Dopo la clinic ho sperimentato i vari suggerimenti che mi sono stati dati: fissare un obiettivo a lungo termine, trovare il ritmo, ancorare i bei tiri, ascoltare l’audio-golf di Alessandra, guardare e riguardare più volte le immagini del mio swing annotando mentalmente le correzioni da approntare in campo e campo pratica.
Leggere inoltre più volte la frase settimanali cercando di visualizzare la parte finale della situazione descritta.
Per il momento ho riscontrato un miglioramento delle mie performances.
Queste sono le note e le riflessioni di una persona che non si arrende, circondata da una montagna di affetti tra cui ultimi in ordine di tempo ma non ultimi quelli di Alessandra e Lorenzo.
Mio marito, che mi legge per conosceza, ha le lacrime agli occhi ed è orgoglioso di me. Questa non sarà quella di Aristotele o di Oscar Wilde, ma è la mia felicità!
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Grazie Nicoletta di questa tua testimonianza sincera che, ne sono certa, aiuterà tante persone con problemi a riprendere in mano la loro vita e a cercare di valorizzarla al massimo, per berne il nettare quanto più spesso possibile.

Mi rendo conto che il taglio che le mie clinic stanno prendendo è “golf & socializzazione-valorizzazione-entusiasmo-fiducia in sé” e tu, Nicoletta, ne sei un’immagine perfetta. Hai dimostrato che la malattia non ha potere su chi, come te, decide di vivere!

L’ego nel golf. Piacere, non felicità.

Questa foto è un bell’esempio di ego nel golf. Sapevo di essere fotografata, avevo fatto un par che per me è un eccellente risultato, e ho mostrato a tutti il numero 3  con le dita !!! Non mi condanno, né mi sento in colpa né mi esalto, semplicemente mi perdono e mi voglio  bene lo stesso, come quando sbaglio un colpo di golf.

L’ego che rimane “a livelli accettabili” è umano. Desiderare di fare bella figura con gli amici, di vincere una gara, di abbassare di handicap rientra nella naturale ricerca del piacere e soddisfazione nell’uomo. Meno normale eppure frequente è quando vuoi dimostrare di essere bravo a tutti i costi, anche rubando sul punteggio o aggiustandoti la pallina quando non si può. Meno normale è:

dare la colpa a destra e a manca di un colpo sbagliato

irritarsi con i  compagni di gioco e isolarsi da loro

arrabbiarsi vistosamente, sbattendo il ferro per terra e/o alzando la voce ad ogni errore.

provare invidia per chi gioca meglio.

giustificarsi per i propri colpi sbagliati (accusare malesseri ad esempio…)

ignorare le semplici regole del fair play

lasciare il campo zappato dalle tue zolle senza ripararlo

Perché? In tutti questi casi interviene l’ego. L’ego vuole ad ogni costo che tu dimostri il tuo valore verso te stesso e verso gli altri. L’ego vuole che tu dimostri di aver ragione, il torto deve essere di qualcun/qualcosa altro. L’ego vuole che tu metta tutta la tua ansia e preoccupazione nel giocare bene perché devi essere migliore degli altri. All’ego non importa se raggiungi il risultato dichiarando un colpo in meno ad ogni buca, gli basta che tu faccia score e che tu abbia un handicap basso. L’ego vuole DIMOSTRARE, a se stesso e agli altri e CONVINCERTI che è giusto così.

L’ego ti porta via energia sana per soddisfarsi. Quando devi dimostrare il tuo valore a te stesso e agli altri sprechi energia in ansia, dubbio, preoccupazione, paura di non soddisfare le tue aspettative. In queste condizioni è difficile giocare un golf piacevole, sciolto e divertente.

Soddisfare l’ego è un piacere momentaneo, fugace, come costruire un castello di carte. Pensa a tutte le volte che hai vinto una gara: che peso ha sulla tua felicità di adesso? Nessun peso. E’ stata una soddisfazione di un momento. Una bella soddisfazione, non felicità.

Stai attento perché soddisfare l’ego, anche in modo “BUONO” (ad esempio la mia foto in cui dimostro il par) non porta alcuna felicità.

La felicità è qualcosa di più grande, che ha a che fare con l’anima.

Felicità è molto altro, ma non voglio né posso fare qui un trattato sulla felicità. Ne do solo alcune definizioni in base alla mia esperienza, che posso approfondire se sei interessato. La felicità è un modo di essere e può durare tutta la vita, felicità è essere se stessi, esprimere i propri talenti, avere una missione e agire per compierla. Felicità è uno status dell’anima. Felicità è fare un viaggio dentro se stessi per cominciare a voler bene al nostro bambino interiore ferito. Felicità è monitorare i nostri pensieri per scegliere in ogni momento come agire al meglio in ogni situazione, interrompendo gli “automatismi”. Felicità è dare retta all’anima, il nostro “grillo parlante” interiore che ci invita ad amare e perdonare noi stessi e gli altri. Felicità è vivere con leggerezza, umorismo e sorriso.

Ricordi il titolo del libro di Kundera, “L’insostenibile leggerezza dell’essere”? L’essere umano sembra temere la felicità. Di ogni problema ne fa una montagna da scalare, tende a vedere le difficoltà, le malattie, le situazioni negative. Rende pesante il vivere. Non “sostiene” la leggerezza, che è l’essenza della felicità.

Se sei felice, affronti i problemi della vita col giusto approccio. Se sei felice e ti vuoi bene accetti il tuo modo di giocare a golf e poi decidi di migliorare se vuoi.

Le energie convogliate nella felicità a lungo termine portano più sensazioni piacevoli nella vita di tutti giorni, anche nel golf e perfino quando non giochi bene.

Come utilizzare l’energia nel golf?

Decidendo di divertirti e di essere felice. Sbagli un colpo? Ti perdoni dicendo a te stesso “anche se hai sbagliato il colpo ti voglio bene lo stesso Alessandra” Oggi è proprio una giornata no? Ti rassegni alla sconfitta ma fai del tuo meglio ad ogni colpo concentrandoti solo su quello. Non ci riesci e ti senti ansioso? Accetti la tua ansia, guardi il panorama respirando intensamente e ti dici: “oggi la mia ansia fa parte di me, ma io sono così fortunato di essere qui al golf che perfino il colpo sbagliato è una benedizione!” In questo modo fai scattare la leggerezza, affossando il problema.

Tutto questo sarà allenato alla clinic golfissati di novembre, ci sono ancora 4 posti disponibili. Clicca sul link qui sotto, potresti renderti conto che il taglio di questa clinic ti piace un sacco, non pensavi assolutamente che fosse così e ti mangi le mani per non averlo visto prima!!!

clinic golfissati

Dopo un brutto colpo resetta la mente

I metodi psicologici per “dimenticare” l’errore di golf sono molteplici e alle mie clinic ne tratto ben 5. (pagina bianca, interruttore, osservazione minuziosa del paesaggio, tensione e rilassamento muscolare, gesto e frase àncora)

Migliaia di golfisti lamentano il fatto che quando sbagliano si deprimono, perdono la concentrazione e in poche parole l’errore ha un forte impatto negativo sul loro risultato in gara. Ci sono altri golfisti, invece, che non si fanno influenzare da un brutto colpo e ripartono caricati senza adottare alcun metodo… beati loro!

Alle mie clinic insegno come accedere alle proprie risorse per “caricarsi” psicologicamente e utilizzare questo ricordo vivido nei momenti in cui serve, come quelli in cui il golf va male. In questo post non posso fare la meditazione guidata dei tuoi migliori momenti di golf, quelli in cui ti sentivi forte e i tuoi risultati erano fantastici, ma posso farteli rivivere con queste frasi/domande:

Ricordi una volta in particolare in cui il gioco fluiva bene, la palla volava alta, dritta e lunga, prendevi il green facilmente? Ricordi come camminavi, qual era la tua fisiologia? Ricordi quando ti entravano putt improbabili, avvicinavi la palla alla bandiera con l’approccio, i tuoi drive erano perfetti? Ricordi quel giorno in cui hai fatto un punteggio meraviglioso? Ricordi quando il tuo nome era in alto in classifica e hai vinto un premio? Ricordi quando il golf sembrava facile, divertente, piacevole, automatico? Cosa provavi mentre andavi sul colpo successivo? Te lo dico io: provavi un senso di certezza, sicurezza in te, sapevi che lo swing di quel giorno avrebbe prodotto un bel colpo.

Adesso se riesci ad immergerti in quei momenti magici come ti senti? (ci vorrebbe la meditazione per farli “arrivare” meglio…) Sono sicura che se ti sei ben immerso con l’immaginazione in quei momenti  senti una forte carica emotiva, una voglia matta di giocare e “far vedere chi sei”!

Se tu dovessi rappresentare questi momenti di abilità con un gesto e una frase, quale sarebbe?

Ad esempio la mia frase e il mio gesto sono: stringere forte il grip del bastone e dirmi “quanto sono brava!”

Ebbene, se dopo un brutto colpo ripensi intensamente al tuo senso di connessione e perfezione (i tuoi migliori momenti di golf), il brutto colpo che hai appena fatto perde di importanza! Se parti da uno “stato di grazia” anche se solo immaginato, la “distrazione” data dal brutto colpo è annullata e la tua mente è ripulita per il colpo successivo.

Ritrovare la concentrazione con il ricordo, dunque: ecco cosa fa la frase e gesto ancora. Dopo un brutto colpo riattiva il ricordo del tuo miglior swing semplicemente facendo il gesto e pronunciando la tua frase-ancora (sono brava! e stringo forte il grip del bastone)

Ovviamente questo sistema va allenato, bisogna che la frase e il gesto siano fortemente ancorate ai tuoi momenti migliori di golf, la meditazione serve a questo.

Anche nella vita, in parallelo col golf, davanti ai problemi ricordati di “chi sei”: ricordati delle tue abilità, dei momenti in cui hai avuto riconoscimenti, hai lavorato bene, hai risolto brillantemente i problemi, hai aiutato le persone… Da questa posizione “generativa”, il problema attuale non ti paralizza più, perché perde di importanza! Hai le risorse per risolverlo, come le hai avute in passato!

Fa sempre bene ricordare “chi siamo”. Noi non siamo impotenti davanti alle frustrazioni e a volte le frustrazioni sono motivo di crescita. Utilizza i tuoi momenti-no di golf o di vita per mettere alla prova la tua capacità di superarli col solo ricordo intenso e vivido di chi sei.

Nel golf e nella vita – ricordalo – ci saranno sempre momenti negativi. Basta affrontarli partendo dalle nostre risorse, dalla nostra energia, dal nostro entusiasmo, da ciò che di meglio c’è in noi!

In queste due foto: un momento “magico”, di affetto e connessione familiare… ricordo da utilizzare nei momenti meno affettuosi!!!