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Risultato, non metodo…
Quest’inverno ho davvero giocato POCO. Eppure se guardo questa foto non posso frenare la MERAVIGLIA di vedere un campo verdissimo, inondato dal sole, e la mia faccia sorridente all’idea di imbucare un putt facile.
Questa bella giornata di gennaio mi ha portato una grossa novità di comprensione: ho capito che nel backswing non giravo le spalle, ma le alzavo verso l’alto. La mia faccia rimaneva incassata all’interno del braccio e il mio bastone svettava in alto prima di scendere verticalmente con un colpo stanco e sfibrato sulla pallina, con risultati che non sto a descrivere. In questa bella giornata di gennaio, invece, ho semplicmente provato a fare un movimento “rotondo”, cioè a ruotare lentamente le spalle tenendo il bastone basso dietro e mantenendo la distanza fra il mio mento e la spalla sinistra .
Tutta un’altra storia! I colpi partivano a razzo! Ma era così semplice? Mi sono chiesta. Era davvero tutto qui?
Sì, ma solo per quel giorno. Quel giorno ho giocato bene, con il metodo in testa, l’assoluta concentrazione sulla rotazione delle spalle tout court. Ma il golf non funziona come le fiabe a lieto fine. Quello che funziona oggi non vale più domani, chissà per quali strani motivi… Adesso,per quanto mi affanni a cercare una rotazione lenta e corretta, i colpi di quel giorno me li sogno.
Sono dunque arrivata a una conclusione drastica: il metodo non conta. Conta il risultato. Quanto riesco a giocare al meglio delle mie possibilità? 20? 25? 36? Devo solo fare una valutazione onesta e stabilire qual è il giusto handicap per me, poi giocarlo e cercare di stare sempre nel range, senza eccessi. I metodi passati da altri, scopiazzati, letti sulle riviste o imitati dai campioni della tv funzionano una volta sola… almeno per me!