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Malattia e golf, una storia vera.
Angelo è ancora giovane, un uomo gentile e sorridente, innamorato del golf, della moglie e della vita.
Se lo incontri non diresti mai che è malato perché sorride spesso, ogni sua parola evoca passione per la vita.
Otto anni fa, quando gli fu diagnosticato il morbo di Parkinson il suo handicap era 2,5 e giocava da Dio. Dopo quel lieve tremore alle mani ha avuto la conferma di ciò che temeva: il Parkinson gli avrebbe portato via la mobilità muscolare, gli avrebbe dato lentezza di movimento, tremore a riposo, postura curva.
La cosa più triste per Angelo era l’impossibilità di giocare a golf. Non riusciva a girare le spalle, non gli era possibile in alcun modo. Rinunciare dunque? No. Non Angelo, lui non è tipo da arrendersi.
Così, inizia il suo calvario di golfista a metà, la sua rotazione delle spalle era minima e la percentuale di palle alzate davvero bassa. Nonostante ciò si iscriveva ad ogni gara del circolo, accettando risultati orrendi e accumulando virgole, fino ad arrivare a 14 di handicap. Finché frequentava il campo da golf la malattia non lo avrebbe sopraffatto! Non importa quanto giocasse male, bastava restare in gioco-:)
Poi, un giorno, una speranza. Un medicinale nuovo, che lo avrebbe aiutato a superare il dolore e muoversi meglio. Dopo pochi giorni di quella magica pillola le sue spalle ruotavano meglio e i colpi partivano dritti! Così quella domenica affronta con fiducia, dopo tanti fallimenti, una gara di circolo, in cui riesce a giocare bene quasi come tanto tempo prima. Che felicità, che intima gioia, che risveglio da un incubo! Pur non ruotando completamente le spalle, Angelo quel giorno giocava sciolto, rilassato, con un senso di certezza. Andava sulla palla sicuro e deciso, estraeva il suo bastone, si addressava e… toc! L’impatto del ferro con la palla era quasi perfetto, quel piacevole rumore unito a quello dello “swishh” del downswing inebriava le sue orecchie. E che dire dei suoi occhi? Quel giorno i colori che vedeva erano nitidi: il verde dell’erba era intenso e morbido, il bianco della pallina che volava alta nel cielo azzurro sembrava un piccolo capolavoro di precisione della natura e il sole tingeva il paesaggio di gioioso calore.
Finalmente una speranza, tutta racchiusa in quella pallina che si alza docilmente e atterra proprio dove Angelo vuole. Alla buca 18, mentre si incammina verso il green dove patta per il birdie, vede un capannello di persone in piedi ai lati del green e tante altre che stanno arrivando.
Chi aspettano? Lui?
Angelo patta segnando il par, il suo punteggio stableford è 42. Poi stringe la mano felice ai compagni di gioco, mentre guarda sorpreso le persone che gli vengono incontro, si complimentano, lo acclamano… alla fine lo sollevano e lo portano in trionfo!
Adesso, dopo 8 anni, il suo handicap da 14 è sceso a 5, un risultato eccellente per chi combatte ogni giorno con una malattia devastante come il Parkinson. Angelo non gioca solo a golf perché lavora e fa anche volontariato, aiutando chi sta peggio di lui: accompagna gli infermi a Lourdes, spegne gli incendi ed è attivo nella protezione civile. Adora sua moglie ed è inamorato della gente, degli animali, della natura… della vita.
Non penso di esagerare se affermo che il golf lo sta aiutando a vivere una vita quasi normale. Nel campo da golf Angelo si sente abile, capace di compiere magie con la pallina, pronto a confrontarsi con uno sport che esige concentrazione, focus, equilibrio e amore.
La malattia gli ha consentito di stabilire delle priorità nella sua vita e gli ha dato la forza di lottare per la sua salute. First things first: è così che vive Angelo, mettendo le prime cose al primo posto.
Diversi miei lettori stanno convivendo con malesseri e malattie più o meno gravi, riporto qui le malattie principali comunicatemi da alcuni lettori nella speranza che possano avere da te che mi leggi indicazioni per la guarigione:
sciatica causata da ernia del disco
ernia al rachide
borsite alla gamba
epicondilite
tachicardia
artrite
artrosi
dolori muscolari e ossei
Se hai sofferto di queste o altre malattie, riportami sui commenti la tua testimonianza che potrebbe essere d’aiuto per molti.
Nel frattempo, se sei in piena salute ti invito alla gratitudine per questa benedizione, sii grato in ogni momento della tua vita e cerca di mettere comunque, come Angelo, le prime cose al primo posto. Se sei ammalato ti invito a non arrenderti mai e confidare nel fatto di tornare a giocare a golf, che come medicina è più potente di un farmaco: aria buona, movimento fisico e gratificazione della pallina che vola grazie a te. Non abbandonare mai la speranza! E infine, sano a ammalato che tu sia, metti come fa Angelo le prime cose al primo posto:
Affetti/relazioni: curali al massimo. Una parola buona per tutti, un incoraggiamento, un gesto affettuoso ogni giorno.
Gratitudine: sii grato per tutte le benedizioni che hai e per tutte le benedizioni che ricevi da ora in poi
Forma fisica: abbi cura del tuo corpo, mangia cibi sani, bevi tanta acqua, passa del tempo all’aria aperta, respira profondamente e fai movimento
Apri il cassetto dei sogni e realizzane più che puoi
Celebra i momenti più belli, aiuta gli altri e contribuisci a creare un mondo migliore.
Gioca a golf. Come Angelo, non importa quanto giochi male: insisti e verrà il momento in cui realizzerai magie. Credici!
un esercizio-gioco per il putting
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Willy ci propone questo esercizio-gioco per incrementare sensibilità e feeling sul putt.
Parti da un putt lungo (almeno 3 mt) ed esegui la tua routine completa, come hai sempre fatto. L’ unica aspettativa è quella di sentire il rumore della pallina che cade in buca, è vietato seguire la pallina con lo sguardo dopo l’impatto
Ti può aiutare chiudere gli occhi dopo l’impatto e… solo se non senti la pallina cadere in buca, in base alla sensazione del colpo eseguito, scommetti con te stesso (o con un partner) dove è arrivata la pallina. Il gioco si può fare su 9 o 18 buche ed è un ottimo allenamento.
Il punteggio, di questo gioco è il seguente:
– Palla imbucata al primo putt= 3 punti
– Posizione palla indovinata= 2 punti
– Palla imbucata con il secondo colpo=1 punto
Con questo gioco, si ottengono vari risultati:
– Consolidare la routine
– Focalizzare sulla sensazione anzichè sul risultato
– Mantenere la testa ferma sulla palla
– Divertimento assicurato
Da provare subito a casa!
Annika Antipatika
Si nun me diverto, che piacere è?
Racconto di Fred Rességuier
Una pubblicità di qualche anno addietro definiva il caffè come un piacere, e “si nun è bbono, che piacere è?”. Mi pare che il ragionamento, nella sua semplicità, non facesse una grinza. Ora, parafrasando questo fortunato slogan, si potrebbe dire che anche il golf è un piacere, ma “si nun me diverto, che piacere è?”.
Immaginiamo adesso che il nostro circolo, per una serie irripetibile di circostanze favorevoli, ospiti per una esibizione la numero uno del mondo, la svedese Annika Sorenstam..
Ora, Annika ritiene, per carità, giustamente, che la sua esibizione debba essere accompagnata da un comprimario, insomma uno scagnozzo qualsiasi che faccia meglio rifulgere la sua immensa classe. E così, solo per fare le debite proporzioni, andiamo a raschiare il fondo del barile, e facciamola affiancare da chessò, un Michele Reale qualsiasi.
(Ironia della fantasia; uno con quel nome, Reale, Royal, The King, dovrebbe dare le piste a tutti, che dico nel circolo, che dico in Italia, che dico in Europa, ma sullo scenario internazionale! E invece no!)
Bene, a Reale, al quale non capiterà probabilmente mai più un onore così, tremano un tantinello i polsi, ed il suo tee-off non è nemmeno lontano parente di quello che la sua pur limitata fama gli avrebbe dovuto permettere. Annika lo guarda con finta distrazione e, mentre dentro di sé si scompiscia dalle risate, dalla sua mimica nordica non trapela assolutamente nulla, nemmeno un battito di ciglia.
Ma adesso, fermi tutti: il momento è solenne.
Annika prende posizione sul battitore e allinea sapientemente il legno sulla traiettoria ottimale, appoggiandolo sul petto.
C’è, per la verità qualche incauto, evidentemente ignaro di tanto momento, che si attarda a bisbigliare qualche parolina all’orecchio del vicino o che, peggio ancora, accenna a muovere un passo. Annika si limita ad osservarlo con quella commiserazione appena venata di irritazione con la quale si assiste allo sbarco di clandestini a Lampedusa.
Istintivamente tutti trattengono il respiro e… swish, parte il celestiale drive di Annika, che va su su, curva dolcemente verso l’interno, per cominciare poi la discesa e l’atterraggio sul centro del fairway. I più disinibiti non si trattengono e si leva un “brava!!!” che contagia quanti si sentono autorizzati a riprendere a respirare.
Il povero Michele, da parte sua, a capo chino, inizia la ricerca della sua pallina, finita nel rough di sinistra. Anche Annika, la grande Annika, partecipa alla ricerca e, nel giro di un paio di minuti si registrano due miracoli. Il primo, quando Annika gli trova la pallina, peraltro con un lie assolutamente favorevole, ed il secondo, quando Michele, evidentemente ringalluzzito dalla svolta positiva della situazione, fa partire un bellissimo secondo colpo che riscuote perfino il plauso di Annika.
Sarà per il caldo al limite della sostenibilità, ma gradualmente l’atmosfera tende a farsi più fluida, anche se la differenza tecnica emerge impietosamente mano mano che alle buche si susseguono altre buche, fino a che…, beh! andiamo per ordine.
Osserviamo Michele alle prese con un’uscita dal bunker, quello di sinistra sotto il green della 5. Michele ci prova, la pallina si alza, ma non abbastanza e ripiomba quasi al punto di partenza. A questo punto Annika prende da parte il povero Michele e, in un inglese fluido come il suo swing, gli spiega che le spalle devono mettersi così e i piedi cosà. Umiliato ma non domo, Michele sfodera un secondo colpo dal bunker e la palla plana dolcemente sul green.
Buca successiva; Annika, fattasi ormai ciarliera, se ne fotte un tantinello del “silence” che aiuterebbe Reale a trovare la sua concentrazione, nel momento in cui è intento a trovare il suo stance, anche se il suo drive è poi quanto mai efficace, con palla che atterra a bordo green.
Qui qualcosa comincia ad incepparsi nel meccanismo perfetto di Annika, forse disturbata dallo stropiccio dell’occhio di Michele, al quale un moscerino era andato a fare indesiderata visita.
Stavolta il “Quiet, please!” di Annika ha un che di stizzito. Sta di fatto che la sua palla non rende onore alla fama della grande svedese, che ha poi il suo daffare a riportarla in green.
Qui Michele ha la sua grande occasione; al cospetto della numero uno ha la non lontanissima chance di eagle. Estrae dalla sacca il pitch e con un delicatissimo chip porta la palla a sbordare la buca e, prima che si fermi ad un metro e mezzo dalla stessa, sente tutta l’indifferenza degli dei del golf nei suoi confronti, mentre a stento riesce a contenere il porco qua e porco là che gli salgono alle labbra.
Annika, non indifferente al dramma di Michele, attinge a tutta la commiserazione di cui è capace che, detto tra noi, non è poca, e gli spiega il motivo dell’insuccesso del colpo: Lei, lì, avrebbe giocato il putt!
Michele pesa in una frazione di secondo tutti i pro e tutti i contro e decide di non mandarla affanculo. Ma qui, anche se se ne sarebbero potuti già vedere i prodromi, la svolta.
Putt da quaranta centimetri di Annika per un clamoroso bogey: Michele assiste immobile e senza fiatare come al solito. L’attesa si protrae: l’acido lattico gli si accumula sulla gamba di appoggio mentre Annika effettua l’ennesima prova. Michele non ce la fa più e decide di appoggiare il peso sull’altra gamba, pur rimanendo in apnea. Il “Don’t move!” sibila come una lama affilata e provoca un momentaneo brivido sulla schiena sudata di Michele. Parte finalmente la palla che si avvicina alla buca, ma alla fine la evita con un’elegante veronica. Dopo il tap_in , esplode inaspettato un “Fuck you!!!” che si ripete cinque_sei volte, e sulle ali dell’ultimo, un elegante destro, degno di Trézeguet accompagna l’ingrata palla fuori dal green.
L’aplomb di Annika, già messo alla dura prova dagli eventi non proprio fausti, tende vieppiù sfilacciarsi nel prosieguo, fino al quasi inevitabile epilogo.
Buca 11. Il caldo e l’umidità tengono uniti i due giocatori come l’antiberlusconismo i membri dell’Unione.
Il tee_off di Michele, forse vittima anche dell’inclemente concorso climatico, è ben poca cosa e l’unico suo desiderio è attingere a quanto rimane di fresco nel suo thermos.
In quel momento Annika si accinge a sparare il suo drive. La concomitanza degli eventi è letale e fatale. Finalmente abbeveratosi, Michele ripone nella sacca la borraccia e malauguratamente la chiusura dello zip irrompe mentre la testa del driver di Annika si trova all’apice del back_swing. Patatrac! Risultato: drive da 36 di hcp!
“Who made that noise!?” Chi ha fatto quel rumore? Michele alza la mano come uno scolaretto.
“You bastard! You made it on purpose!” Sciocchino, l’hai fatto apposta!
Ma, veramente ero girato, non ho visto.
No, l’hai fatto apposta!
A quel punto a Michele, esaurito anche dal caldo, sovviene chissà perché quella famosa pubblicità del caffè di qualche anno prima e decide con un impeto di orgoglio che, Annika o non Annika (che andasse affanculo), non si sta più divertendo e perciò che piacere era?
Prende la sua palla e se ne va.
Fred Rességuier
Benvenuto rattone!
Per qualche strana ragione il chip (colpo a correre) è un colpo che molti sbagliano, in tutte e tre le categorie a scalare. Sento già le voci di protesta dei giocatori di prima categoria: “Stai dicendo una fesseria! Il chip è un colpo facile, che non sbaglio MAI”
Okay, rettifico. Il chip è un colpo difficile per MOLTI, me compresa. A volte perdo il feeling e per quante prove faccia non riacquisto il controllo. Colpisco la palla troppo in alto provocando un lungo rattone oppure faccio una flappa imbarazzante, che dimostra che la grande palla (pianeta terra) è stata colpita prima della piccola palla da golf!
Quando il dubbio si insinua nella mente poi si arrampica sul grip del ferro, per estendersi alle mani, le spalle, la faccia del bastone e… flappa o rattone è il naturale risultato. Ho provato a correggere ripetendo la tecnica, ho provato tentando di evitare di pensare, con il “pronti-attenti-via-fine” (report “Libera il tuo miglior swing”, lo trovi qui: http://www.golfissazione.com/diecipassi) ma quando il dubbio ormai è avanzato non FUNZIONA NIENTE. O meglio, magari funziona per un breve periodo, poi di nuovo il buio.
La malattia permane!
Ecco il rimedio di Tim Gallwey: accettare il rattone, anzi ringraziarlo. Il rattone è frutto di Sé1, la mente che pensa e ripensa, dà troppe istruzioni e inibisce il naturale swing che Sé2 (inconscio, istinto) è in grado di eseguire. Come tutte le altre manifestazioni di Sé1, i rattoni non si “cibano” della luce della consapevolezza. Il nuovo dialogo interno (è Sé1 che parla) sarà questo:
“Okay, caro Sé2, quando fai i rattoni voglio capire come li fai. Ti analizzerò in piena consapevolezza e senza giudizio.”
Con questa affermazione dichiari che la tua tranquillità non è destabilizzata da un volgare rattone, nemmeno se è avvenuto in un momento inopportuno, ad esempio quando ti fa segnare una x in gara.
Mentre fai il rattone o la flappa dovresti sentire una specie di debolezza nel polso destro, un attimo prima dell’impatto, che impedisce alla faccia del bastone di essere square all’impatto. Ascoltando il rumore del colpo “rattonato” puoi capire se hai colpito la palla sotto, sopra o sull’equatore. Mano a mano che aumenta questa consapevolezza aumenta anche la percentuale di chip solidi.
I golfisti ciechi capiscono subito dal rumore come e dove è stata colpita la palla e quanta strada farà.
Per riassumere: Aumentare la consapevolezza accettando i brutti colpi e cercando di capirli può “curare” a lungo termine.
Lo dice Tim, adesso basta provare!
Il Dubbio ti fa sbagliare lo swing
Ho imparato la differenza fra la PAURA di fare un colpo e il DUBBIO di farlo bene.
In situazioni di “pericolo“, ad esempio un colpo al green con un lago davanti o una palla insabbiata nel bunker, può subentrare il Dubbio, con la D maiuscola. Il Dubbio è un piccolo mostro che si insinua nella mente e dice:
“Non ce la farai a passare il lago o a uscire dal bunker, è al di là delle tue possibilità. Prova con un ferro in più, ma hai poche speranze” Nella tua testa circolano più o meno questi pensieri negativi. Prendi un ferro in più e PROVI a fare il colpo (anzichè farlo veramente) e il risultato è disastroso.
Il Dubbio ha messo in discussione la fiducia in te stesso e alimenta una spirale negativa con messaggi crescenti: “il tuo swing fa schifo- non sei portato per il golf-non sai fare niente-vali poco come essere umano”
Quindi, quando il Dubbio arriva RICONOSCILO e accettalo, ma non invitarlo a prendere il tè! Davanti a un colpo difficile, riconosci il Dubbio in arrivo e digli: Ok, Dubbio, ti vedo e ti accetto, ma voglio superarti. Poi ti togli dalla palla e ti concentri sullo swing con UN SOLO pensiero giusto e con un fare deciso, fai due o tre prove fino a che non ti senti sicuro. Non preoccuparti dei compagni che ti aspettano, tu stai scacciando il Dubbio e devi averne il tempo!
La paura invece non produce sempre il colpo sbagliato: se devo imbucare da un metro anche se ho paura vado comunque sulla palla con fare deciso ed eseguo la tecnica giusta, mentre col Dubbio (la vocina interna: non ce la puoi fare) metto in atto un movimento che dà ascolto alla vocina e mi fa sbagliare!
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Ti aspetto dall’altra parte!