romanzo di golf

hole in one, il miracolo di Alessio

resized_DSC00568Qui sotto ho copiato il racconto di un golfista entusiasta, appassionato, fissato e chi più ne ha più ne metta: è Alessio che domenica ha fatto buca in uno nel par 3 al golf Fontevivo di San Miniato. Che gioia trasuda dalle sue parole!!! Com’è potuto succedere proprio a lui, un handicap 27? Vediamo se mi avvicino alla risposta:

– Alessio è in testa per la gara sociale, ha una forte motivazione per vincere perchè con una sola gara ne vince 2.

– Alla buca 4 si avvia sul tee in tutta tranquillità, dopo aver fatto tre buche buone. La buca 4 è un par 3 facile, di soli 120 metri: prendere il green è alla portata di tutti, basta addressarsi bene. Alessio non pensa troppo, fa il suo swing e segue il volo della palla.

– Il suo pensiero è già orientato sul birdie, grande risultato, così segue con gli occhi e con le orecchie quella sua bellissima palla che atterra in green e si avvia verso la bandiera.

– La palla che entra è il coronamento di un sogno, è un premio del suo pensiero positivo, un annuncio di altre gioie future. Lui dice che ha avuto una grande fortuna, ma la fortuna aiuta gli audaci e chi si impegna a fondo. Io dico che è un segno e tocca ad Alessio capirne il significato! Ecco il suo racconto: 

Domenica 12 dicembre mi è successa una cosa che non mi succederà mai più!
Lo sponsor della gara a Fontevivo non me lo ricordo e chissenefrega… Io sto pensando ad una cosa sola mentre mi sto scaldando: e’ l’ultima gara del sociale dove sono in testa con 6 punti di vantaggio e mi dispiacerebbe perderlo proprio all’ultima giornata visto che chi vince prende 7 punti e a scalare il settimo ne prende 1.

Partenza ore 8e 50 tutti pronti io il mio amico Stefano e ( deciso insieme ) il mio grande antagonista, secondo in classifica, Piero.

 Buca 1 insomma  –   buca 2 benino  –   buca 3 pure  –  buca 4 come da descrizione: sono le ore 9,30, vado sul tee sintetico del par 3 di 120 metri e faccio il mio colpo. Vedo bene la pallina che si alza, rimbalza in green a 3 metri circa dalla bandiera, poi prosegue dritta verso l’asta, e qui penso: “Vai vai pallina bella, che qui ci scappa il birdi (come lo chiamo io)!” Lei, la palla, va avanti davvero e…Plu! (il classico rumore che non dimenticherò mai) entra in buca!! Sissignori, entra proprio dentro la buca e il Nencio che sono io entra nella storia con il suo primo (e quasi sicuramente ultimo)

HOLE IN ONE ( INGLESE ) O’LINONE ( NAPOLETANO ) OLIUAN ( CINESE ) BUO DI ULO ( LIVORNESE E PISANO )

Dopo alle buche 5, 6, 7 e 8 ho fatto  tutte x, ma non mi importava più… I miei amici dovevano darmi da mangiare con la fionda tanto volavo alto!!! Il mio amico Piero ha vinto a pari merito con me ma è arrivato secondo perchè ha fatto un punto meno di me nel secondo giro.Io ho preso 7 punti così ho vinto anche la gara sociale. Poteva forse andarmi meglio di così?

RAGAZZI CHE DOMENICA E CHE CULO !!!!!!!

finale bmw Royal park I roveri

thumbnailIeri alla finale della gara nazionale Bmw ha vinto un signore seduto accanto a me e chiacchieravamo mentre aspettavamo la premiazione. Era felice e soddisfatto, perchè aveva fatto una bella gara, 42 punti stebleford, e aveva vinto la finale internazionale a Phuket, in Tahilandia, un soggiorno completo in un posto da favola. Anche la moglie era incredula, continuava a ripetere che loro due non avevano mai vinto niente in tutta la loro vita e non si capacitava di tanta fortuna.

Quando lo hanno chiamato a ritirare il premio l’ho applaudito, mi sono complimentata, ho ascoltato la signorina che lo istruiva su come compilare i moduli per partecipare alla finale in Tahilandia, l’ho visto in uno stato quasi confusionale. Nel frattempo continuavano a premiare le persone, c’erano tantissimi premi in palio, più i premi ad estrazione, che erano particolarmente invitanti.

Il più bel premio ad estrazione era una vacanza all’isola di Mauritius, in un resort da favola con campo da golf. Chi estraggono? Lui, il già vincitore della finale a Phuket. Lui è strabiliato, non crede alle sue orecchie, è quasi imbarazzato da tanta fortuna, dice: “Ora mi odierete tutti, ma vi giuro che mi sarebbe bastato un solo premio”. Nessuno lo odia, anzi, io ero felice per lui. Ero felice di osservare l’essenza della gioia, della leggerezza, della contentezza in un viso d’uomo.

Il golf regala poche gioie, ma in quest’uomo le ho viste concentrate tutte in una volta, e sono felice di essere felice per lui.

Spirit of the game (spirito del gioco)

Grazie Paolo per questa bella storia!

Ci sono l’erba, la sabbia, le buche  ed anche le bandierine colorate.Non siamo al mare e, nonostante le pendenze e le viste sorprendenti, nemmeno in montagna.

A volte manca il fiato, non solo per lo sforzo di una salita ripida.

A volte manca il fiato per la bellezza di quanto si vede, per i profumi dell’erba appena tagliata, o di quel grande cespuglio di rosmarino o del folto gruppo di tigli che compare dietro una curva.

Davanti agli occhi, disegnata su di un cielo azzurro e pulito,  la montagna innevata, di un bianco dipinto con la panna montata.  In basso, così vicino da poterlo toccare, azzurro e dorato, il grande lago. Tutto questo potrebbe bastare per rendere splendida la giornata.

Intendo dire : sarebbe sufficiente una passeggiata in questo posto incantevole per sentirsi in pace con se stessi e con le altre persone, per avere delle sensazioni appaganti e dei ricordi piacevoli, per sentirsi tonificare in modo pieno.

Troppo semplice. Almeno per noi. Siamo in quattro amici e giochiamo a golf.

Siamo qui anche questa settimana per le nostre diciotto buche, per trascorrere la mattinata assieme e per poter avere un buon gioco. Ho proprio scritto un buon gioco.

Non una bella gara, non l’un contro l’altro armato, non io vinco e tu perdi.

Siamo in quattro contro il campo, ognuno per battere il percorso.

Siamo tutti alleati per fargliela vedere, per non cadere nelle trappole  delle sue curve, della sua erba alta – rough, of course – per non finire nelle  buche di sabbia – bunker, sorry – per vedere e superare le pendenze di quelle sue aree d’erba morbida e rasata come una moquette – green, lo sanno tutti.

Ecco perché un bel colpo è sottolineato dai complimenti spontanei di tutti gli altri giocatori. Guarda lì che traiettoria, che distanza. Certo il mio tiro non è stato così buono, ma se ce l’ha fatta un altro, al prossimo giro…..tocca a me.

Lo scopo del gioco, di per se stesso, lo si può riassumere così :  riuscire a mettere la palla in buca nel numero previsto di colpi, tiro dopo tiro, per poter dimostrare  che    un po’ d’attenzione e di concentrazione, unite  ad un buon movimento di braccia, gambe e schiena – swing – sono alla portata di ciascuno di noi.

O quasi. In effetti tra noi c’è chi si definisce onestamente non un giocatore, ma un modesto colpitore di palline e , a volte, arriva sulla quella  piccola cosa rotonda e bianca con una furia tale che può ricordare più la velocità del giocatore di polo che la pazienza del golfista.

Finalmente partiamo e giochiamo. Nel rispetto delle regole, s’intende. Ogni gioco ha le sue regole.

Quelle del golf si sono arricchite di dettagli e di humor negli anni, anche nella famosa sintesi di quattro frasi conosciuta da tutti i giocatori :

“Gioca la palla come si trova”. Bene, molto chiaro.

“Gioca il campo come lo trovi”. Fin qui tutto bene. 

“E se non puoi fare l’una o l’altra cosa, fai ciò che è giusto”.

Giusto ? Cosa vuol dire giusto ? Sulla faccenda  Socrate, nell’Eutifrone dice : io credo che coloro che litigano, litigano sulle singole azioni. E in quanto sono discordi sulla valutazione di una data azione, gli uni sostengono che essa è stata compiuta conformemente a giustizia, altri, invece, contro giustizia.

 “Ma per fare ciò che è giusto hai bisogno di conoscere le Regole del Golf”.

Lo humor anglosassone è la chiave di volta.

Che ci siano delle regole chiare e che debbano essere rispettate è un’esigenza di ogni giocatore corretto, un bisogno di chiarezza che consenta di disciplinare le azioni, i tempi e i punteggi, ma ditemi cos’è un citello ?

Escludendo gli zoofili, chi alza la mano? Chi sa cos’è, come è fatto e come vive il citello?

Chiedo questo perché le Regole del Golf 2008-2011, redatte da The Royal and Ancient Golf  Club of St Andrews, nel puntualizzare tutto, ma proprio tutto (non a caso il libretto è di 236 pagine e ci sono più di cinquanta definizioni) nel descrivere un “animale scavatore” recita testualmente : un animale scavatore è un animale, diverso da verme, insetto o simile, che fa una buca per abitarvi o ripararsi, quali un coniglio selvatico, una talpa, una marmotta, un citello o una salamandra.

Cosa c’entrano gli animali scavatori con quattro giocatori, armati di sacche e bastoni?

Praticamente nulla, a meno che una pallina non finisca in ….una buca, terreno espulso o traccia di galleria sul campo fatti da un animale scavatore, un rettile o un uccello.

In questo caso si tratta di una condizione anormale del terreno e il giocatore deve alzare la palla e spostarla all’indietro, tramite un procedura detta di droppaggio, per poterla colpire.

Molto ragionevole e sensato, ma allora perché se posso spostare la palla dalla montagnola di una talpa, non posso spostarla dalla terra smossa da un cane ?

Elementare, caro amico : un cane non è un animale scavatore, un rettile o un uccello.

Non è uno scavatore un Terrier ? Un cane di origine britannica che pur di andare a prendere un animale nella sua tana, oltre a mulinare vorticosamente le zampe, si mette a strappare anche con i denti una zolla dopo l’altra, fino a scomparire quasi sottoterra ?

Nossignore, ma lo è il citello, un mammifero roditore, terricolo, simile ad un piccolo scoiattolo e che nessun golfista saprebbe riconoscere nemmeno se portasse una scritta luminosa al collo con il nome scientifico, spermophilus citellus.

Per brevità vi risparmio un facile esercizio che ha per titolo : come si distingue una buca fatta da un animale scavatore, un rettile o un uccello da quella di qualsiasi altro animale ?

Il golf è giocato, per la maggior parte, senza la supervisione di un arbitro. Il gioco si basa sull’integrità dell’individuo nel dimostrare riguardo verso gli altri giocatori e nel rispettare le regole.

Lo spirito del gioco è quello di auto controllarsi, di essere onesti con se stessi e con i compagni di gioco, ragione per cui è frequente in campo cercare l’approvazione degli altri nell’applicare le regole o i colpi di penalità in caso di violazione, seppur involontaria, come finire in acqua con la palla o spararla fuori dai limiti del percorso.

L’autodisciplina è la norma e la propria coscienza l’ arbitro di ciascuno di noi.

Cosa vale spostare con un calcetto, che nessuno vedrebbe, una pallina nascosta  nell’erba verso una zolla  pianeggiante dove sarebbe più agevole colpirla nel modo migliore e fare un bel colpo, a fronte dell’intima e personale consapevolezza di  avere imbrogliato gli amici, il gioco e, soprattutto, se stessi ?

Un aperitivo.

Un aperitivo è la posta in gioco tra noi : chi perde lo paga al vincitore, a colui che ha impiegato meno colpi nel completare le buche del campo.

E’ questa la ricca posta che mette un po’ di energia in più nel gioco, che aggiunge la voglia di far bene, che diventa la ricompensa di quattro, cinque ore di gioco, nel rispetto delle regole ?

Siamo all’ultima buca e siamo pari nel punteggio, io e il mio amico Raffaello, che ha terminato la buca con cinque colpi. Anch’io sto per colpire la palla per la quinta volta e se non fosse che il tempo sta velocemente peggiorando, direi che la giornata è stata perfetta. Un sole caldo fin dalla prima buca e una brezza piacevole in questa giornata di primavera.

Ho la palla a non più di mezzo metro dalla buca e, anche per me, è un colpo proprio facile. Se la metto dentro né vincitori né vinti, per oggi.

La birra, che sento già bella fresca in gola, ce la offriremo a vicenda.

Avanti, mi dico, tira questo colpo.

Mi sistemo con i piedi ben appoggiati a terra, guardo la buca, sposto all’indietro il putter per colpirla e….una folata improvvisa di vento sposta di una spanna la pallina all’indietro !

Nessuno l’ha toccata: è stato il vento.

Regola 18-1 : se una palla ferma viene mossa da un agente estraneo, non c’è penalità e la palla deve essere rimpiazzata.

Bene, vi rifaccio la domanda : ditemi cos’è un citello ?

O forse dovrei chiedervi : cos’è un agente estraneo ?

Definizione : In un match play, un agente estraneo è qualsiasi agente che non riguardi la parte del giocatore o dell’avversario, qualsiasi caddie di ambedue le parti, qualsiasi palla giocata da ambedue le parti alla buca che si sta giocando, oppure qualsiasi equipaggiamento appartenente ad ambedue le parti.

Un agente estraneo comprende : un arbitro, un marcatore, un osservatore e un forecaddie.

 Né il vento né l’acqua sono un agente estraneo.

Forse non tutti i miei amici ricordano questa definizione e potrei farla franca, rimettendo  la palla dov’era e chiudere in perfetta parità  l’incontro, ma, ricordate il giudice-arbitro che è dentro noi in attesa di formulare cos’è giusto?

Ebbene, io so che non è così, perché  so che né il vento né l’acqua sono un agente estraneo.

Dichiaro un colpo di penalità, chiudo la buca in sei colpi, pagherò la birra, e sarò soddisfatto della mia partita, del mio gioco e di tutte le cinquanta e più definizioni di un gioco che ti appassiona e ti avvince anche per le sue regole, al limite dell’incredibile e dello humor.

Il brindisi sarà in onore vostro e del citello.

terzo e ultimo capitolo. Che performance, Alfredo!

Un pò di suspance di golf in questa parte finale del racconto. Alfredo, ti voglio ancora a raccontare le tue storie qui sul blog!

TERZO CAPITOLO             

Come in tutti i circoli ci sono alcune gare che sono particolarmente sentite da un nutrito gruppo di soci. Una di questa era una gara a squadre che si teneva alla fine dell’estate in un circolo lontano dal nostro. Era diventato un appuntamento importante perché rappresentava  l’occasione per prendere qualche ulteriore ultimo giorno di ferie, e sanciva il termine della stagione calda prima di ripiombare nella monotonia della vita cittadina senza più quel bel sole brillante, a volte torrido, che ci aveva accompagnato per quei veloci mesi estivi.

Si trattava di una competizione a squadre di quattro giocatori; si svolgeva su due giornate con punteggio medal e venivano considerati ai fini della classifica i migliori tre risultati; infine, cosa di non poco conto per noi, c’era un limite di handicap. Noi, pur con frequenti passaggi a vuoto, eravamo riusciti, chi più chi meno, ad abbassare il famigerato handicap, che però era sempre superiore al limite di questa gara. Pertanto se avessimo voluto partecipare avremmo dovuto giocare con un handicap di alcuni colpi più basso del nostro.

Diverse volte squadre del nostro circolo avevano vinto o si erano piazzate sul podio, per cui i veterani di questa gara sapevano bene come fosse importante difendere l’onore ed il prestigio che il circolo si era conquistato nel tempo. Dopo averci pensato a lungo decidemmo, con un pizzico di follia e tanta faccia tosta, di iscrivere i nostri nomi sul tabellone per partecipare a questa competizione, affinché fossimo inseriti nelle varie squadre.

I decani del circolo formarono i vari team. Io mi trovai inserito in una squadra dove ero chiaramente il “vaso di coccio fra i vasi di ferro”; gli altri tre partner erano prime o seconde categorie con palmares di tutto rispetto, cioè veri e propri volponi dei campi di golf. Non mi persi d’animo, incominciai a pensare che poteva essere l’occasione buona per vedere, e far vedere, che anch’io potevo dire la mia parola in fatto di golf! Mancavano un paio di settimane alla gara. Intensificai le presenze sul campo pratica per rendere un po’ più solido il mio gioco e migliorare la sicurezza in me stesso. Vidi qualche progresso.

Arrivò il giorno dell’inizio dei due giorni di gara.  Partii sul tardi, con altri tre compagni di gioco piuttosto seri e taciturni. Ebbi la fortuna di iniziare bene, giocando con concentrazione e soprattutto con calma, senza quella frenesia che talvolta ti attanaglia, con la sensazione di non vedere l’ora di finire la gara. Continuai a giocare bene per tutto il percorso. Chiusi la giornata con un eccellente (per me) 69  netto di colpi medal, tre sotto il  par.

Quando comunicai il risultato ai partner della mia squadra ci furono manifestazioni di  sorpresa, non si aspettavano una simile performance, ma soprattutto il mio risultato permise di scartare un 73 e ci consentì di collocarci provvisoriamente al primo posto in classifica, distanziando di due punti la seconda in classifica. Provai una bella soddisfazione, tutti mi facevano i complimenti.

Ero contento ma in un angolo della mia testa non facevo che pensare alla gara del giorno dopo e mi dicevo “Se domani gioco male sciupo tutto, ora mi fanno i complimenti, ma saprò meritarmeli anche domani ? Se qualcosa mi va storto? Cado “dagli altari nella polvere” e ritorno nella mia aurea di mediocrità golfistica? ”

In effetti l’ infida insidia era in agguato e la malignità umana  mi aveva riservato una spiacevole sorpresa.

La notte non avevo dormito un granché bene, comunque la mattina mi presentai sul tee di partenza rilassato e determinato a ripetere la performance del giorno prima. Partii bene e continuai a giocare bene con la testa leggera dai pensieri ma concentrata sul gioco. Le buche scorrevano  piacevoli e sapevo bene cosa tirare e soprattutto come portare il colpo.

Arrivai alla penultima buca con un buono score: ero uno sotto il mio par. La buca è un par  4 di poca difficoltà, molto ampia, in discesa, costeggiata da dei boschetti. Tirai il drive lasciandomi andare: ne venne fuori un colpo eccellente, arrivai a non più  di 110 metri dal green.  Mi incamminai verso la pallina pregustando il ferro che avrei tirato e vedevo già la pallina sul green, mi immaginai di fare due putt e di chiudere con un bel par, con un vantaggio, anche se esiguo, sufficiente  per giocare con assoluta tranquillità l’ultima buca.

Mentre stavo per raggiungere la pallina vidi che dal fondo del fairway veniva verso di me un cart. Arrivatomi vicino il guidatore del cart, che riconobbi essere il capitano della squadra che nella giornata precedente si era classificata seconda, mi urlò come un ossesso: “Quanti colpi hai fatto finora ?  Perché, caro giovanotto, se non chiudi il percorso in par la coppa della gara ce la portiamo via noi.”

Rimasi impietrito e risposi : “Non  so con precisione quanti colpi ho fatto, domanda al mio marcatore.”  Si allontanò velocemente e si fermò a parlare a lungo  col compagno di gioco che marcava i miei punti. Ero inebetito, all’improvviso tutta la mia sicurezza era sparita, la testa mi era andata in confusione, era chiaro che questo tristo personaggio era venuto per condizionarmi e farmi andare fuori fase e devo dire che c’era riuscito in pieno.

Quando fu il mio turno andai sulla pallina e provai il colpo: nella mia testa non mi riusciva più  coordinare il movimento con i giusti tempi. Dopo diverse incertezze  mi decisi a tirare: il colpo partì alto ma  spostato sulla sinistra  rispetto all’obiettivo; la pallina andò a finire addirittura in una piccola discesa sotto il  bunker che difende il green.

Tutto sommato non era andata proprio male. Si trattava ora di fare un approccio, volare sopra il bunker e piazzare la pallina il più vicino possibile alla bandiera. Facile a dirsi, più difficile a farsi, soprattutto quando  ti trovi sotto pressione e devi fare in tutti i modi un colpo più che decente. Tirai: come prevedibile sbagliai tutto, alzai la testa prima di colpire la pallina. Partì una saetta raso terra; già vedevo la pallina volare attraverso il green e dirigersi pericolosamente verso una pineta poco distante.                                                                                                                                                                                                                                                              In In quella frazione di secondo vidi cadere le mie illusioni di successo, ma la mia buona sorte mi aiutò.  La pallina radente colpì in pieno il bordo superiore del bunker, che era in leggera salita; si impennò e ricadde  lunga sul limite del green .Tirai un grosso sospiro di sollievo, mi calmai per un momento e non so come riuscii a imbucare con due canonici putt. Avevo fatto bogie, e mantenevo il mio leggero vantaggio di uno sotto il par.

L’ “avversario”. mi guardava e vidi un leggero moto di disappunto aleggiargli sul viso. Ero in fibrillazione perché  non sapevo né se questo tizio mi aveva detto la verità, né che risultato avevano fatto i miei compagni: la mia mente vagava.  Iniziai l’ultima buca, altro par 4 di media difficoltà; anche questa volta tirai un ottimo drive e piazzai la pallina in un punto dal quale riuscivo a vedere bene il green; era importante mettere bene il primo tiro, perché la  difficoltà della buca consisteva nel superare con il primo tiro la curva sulla destra al termine di una fitta fila di alberi che costeggiava il percorso.

Quando arrivai sulla pallina alzai gli occhi e vidi che su una piccola montagnola, che coronava in alto il green, erano assiepate diverse persone, fra le quali i compagni della mia squadra, tutta la squadra avversaria e tanti amici. Mi apprestai al tiro con una certa emozione perché sentivo su di me tanti occhi. Il silenzio mi sembrava assordante.   

Ti rai un ferro. La pallina si alzò bene, diritta come una spada in direzione della bandiera: toccò però terra troppo presto, sul bordo del bunker, ma anziché rotolare verso il green prese un po’ di discesa e si fermò in mezzo alla sabbia. Avevo indovinato  quasi tutto: movimento e direzione, ci sarebbe voluto solo un pizzico in più di determinazione.

Sentii dei mormorii, quasi certamente di disappunto, da parte dei miei compagni ( li avevo delusi), o di sollievo dagli avversari. Mi  feci coraggio. Mi dissi l’importante è metterla in green, anche se l’uscita dal bunker era uno dei miei punti deboli. Riuscii a tirarla fuori, ma la buca era ancora molto lontana situata sopra una salitella.  Con il primo putt restai molto corto, col secondo  mi avvicinai alla buca restando ancora corto e finalmente con il terzo imbucai. Feci un grosso respiro perché  avevo finito anche se con doppio bogie e mi ero rimangiato il punticino di vantaggio che avevo. Controllammo gli score e io firmai il mio 72, cioè il par del campo.

Lo comunicai ai miei compagni di squadra, che aspettavano ansiosi, e alla notizia fecero grandi salti di gioia: pensavano infatti che non fossi riuscito a tirare il primo colpo tanto lungo e che fossi riuscito a vedere la buca solo con il secondo colpo. Quindi pensavano che avessi chiuso la buca in sette colpi, anziché sei come invece avevo fatto.

Avevamo vinto per 1 punto e il mio risultato era stato decisivo sia nel primo che nel secondo giorno.

Avevo vinto con me stesso, con il campo e soprattutto con quell’ “ossesso” che aveva fatto di tutto per innervosirmi, cercando di gravarmi di responsabilità affinché “scoppiassi”. Ero diventato l’argomento del giorno, tutti mi facevano i complimenti; ero euforico, mi sembrava di camminare senza toccare terra, fluttuavo a mezz’aria. Negli spogliatoi anche i miei amici si erano uniti ai rallegramenti ed io, tutto felice, fra le tante cose che si dicono fra di noi in confidenza e in libertà, dissi:

 “Una giornata così è impagabile, mi diverto più a giocare a golf che a fare sesso!”

“E’ vero, è vero, hai  pienamente ragione!” mi assecondarono ridendo, anche loro in coro, con foga.  La sera eravamo tutti a cena con le nostre mogli; una bella tavolata, un bel locale, ottimo cibo festeggiavamo la vittoria con tanta allegria. Ovviamente avevo offerto lo spumante. 

Al momento culminante della festa, cioè al brindisi,  quelle vipere dei “miei più cari amici, che  furbi come faine aspettavano il momento propizio, catturarono l’attenzione di mia moglie e di tutti i presenti e si slanciarono a riferire con enfasi e dovizia di particolari l’affermazione da me, incautamente ma ingenuamente fatta negli spogliatoi. Tutti scoppiarono in una grassa risata. Una sola persona restò seria: mia moglie, la quale abbassò il bicchiere che aveva in mano, mi lanciò un’occhiata gelida e tagliente e con voce stentorea, affinché tutti potessero ascoltare bene, mi disse:

“Amelio, a me sembra che questo gioco del golf ti abbia completamente rimbischerito!!!!!” 
 
 

    

                                                        .        F I N E

Eccezionale: secondo capitolo INTERO del racconto di Alfredo

Finalmente svelato il volto di Alfredo, il bancario-scrittore (come me!)

Finalmente svelato il volto di Alfredo, il bancario-scrittore (come me!)

In questo secondo capitolo le parole e le allusioni si fanno più incisive, tipico dei toscani a cui piace COLORIRE le storie che raccontano. Buona lettura, grazie Alfredo!

Secondo capitolo.

Quando ero in viaggio per andare a fare le gare non pensavo ad altro che agli insegnamenti che mi avevano dato: gira le spalle, attraversa la pallina e non cercare di colpirla, fermo con la tesa, non la girare prima del tempo,  peso sulle cosce, sedere un po’ indietro, impugna bene il bastone, deciso nella presa senza serrare troppo, fai conto di aver in mano un passerotto, tienilo fermo per impedire che voli via, ma senza stringerlo troppo altrimenti soffoca.

C’erano tante cose da ricordare e ogni volta che le riepilogavo ne dimenticavo qualcuna.

In ogni caso mi auto convincevo che quella era la giornata buona per far risultato.

Entravo nella club house tutto allegro e pimpante, salutavo tutti e parlavo con gli amici ed alla consueta domanda: “Oggi ti senti in forma ?” rispondevo invariabilmente “ Tutto OK, Sento il movimento !! Oggi lo sento!”  In effetti la notte precedente la gara prima di addormentarmi ripensavo allo swing e nella mia mente cercavo di risentire la sensazione giusta dell’apertura e chiusura del movimento,  sentivo il rumore della pallina colpita, “ciaff”, quasi fosse una sinfonia di Beethoven  e questo dolce pensiero mi conciliava il sonno.

Diversi anni prima altri erano  i pensieri e le sensazioni che mi frullavano per la testa prima di addormentarmi, altro che golf !! Chissà se avessi conosciuto il golf da giovane ? Sarebbe stato un aiuto come anticoncezionale ?

La sera, dopo la giornata di gara, con la mente ricostruivo tutti i colpi tirati durante la gara, arrabbiandomi con me stesso per gli errori che avevo fatto, ripromettendomi che il giorno dopo sarei andato al campo pratica per riprovare i colpi che avevo sbagliato.

Quelle rare volte che mi capitava di fare una bella gara al momento di addormentarmi mi lasciavo pervadere da quella piacevole sensazione di calma e di felicità che un buon risultato di golf sa dare.

Ovviamente quando la gara andava bene fra le prime cose che facevo c’era quella di mandare sms agli amici con il punteggio che  avevo fatto.  Quando non ero io ad inviare gli  sms,  erano i miei amici a chiedermi, sempre  tramite sms  “Come è andata ?” e dopo averli informati del  mediocre risultato ottenuto mi rispondevano: “Non te la prendere, anche questa volta hai beccato il virgolone; farai meglio la prossima volta”.   Sapevo che dentro di loro gongolavano, non per cattiveria o invidia ma per quella competizione che il golf scatena anche fra le amicizie più salde e durature.

Quando partivo con il primo colpo dal tee della buca uno riuscivo quasi sempre a fare un buon tiro e alla gente che assisteva alla partenza e si congratulava,  io rispondevo “ Il problema non è il primo colpo, il vero problema sono gli altri 99 colpi che devo ancora fare  !!”.

Le giornate in cui riuscivo a fare risultato, sentivo subito dentro di me che poteva essere una giornata buona; giocavo con calma, non pensando ad altro che alla correttezza del movimento e mentre mi avvicinavo alla pallina pensavo al ferro che avrei utilizzato: andavo sulla pallina con calma, tiravo e il colpo andava dove pensavo arrivasse. E’ una sensazione unica: ti senti sicuro di tutto quello che fai, sul putt vedi subito la traiettoria che deve fare la pallina, come se sull’erba ci fosse disegnata la stradina da percorrere. Sugli approcci senti la giusta forza che devi attribuire al colpo:  in pratica riesce tutto (o quasi)

Non ho ancora capito quali sono i fattori che determinano queste giornate  di grazia: ogni tanto capitano e sono sensazioni magnifiche, anche se, purtroppo per me, rare.

Quando potevo, durante la settimana, andavo in campo pratica.

Spesso trovavo i  miei amici; tutti giochiamo quasi allo stesso livello, il migliore è Giandomenico che riesce ad avere un grado di concentrazione superiore al nostro, ed è migliore anche sotto l’aspetto tecnico. Ha quell’aria sorniona e furba, da finto svagato, ma sempre concentrato e attento; uno di quei classici tipi che, come si usa dire fra noi, “Lo sa lui dove ha la tana il polpo “.

Terzilio quando pratica, ma anche quando gioca sia in gara sia in allenamento, è  sempre preoccupato di andare “Over” cioè aprire più del dovuto. In realtà giocherebbe bene, meglio di tutti noi. Ha una biblioteca fornitissima di trattati di golf e di video su lezioni, ma è sempre alla ricerca di migliorare i suoi colpi, per questo dà retta a tutti quelli che gli danno i consigli:  il risultato è che non riesce a standardizzare il suo movimento.    Quando gioca con noi ad ogni colpo si gira verso  e ci chiede: “Sono andato over ?”, e noi “Ma no Terzilio, sei andato proprio bene” e lui si tranquillizza, per poi, al colpo successivo, rifare la stessa domanda:  brutta cosa la vecchiaia  !!!!

Un giorno facevamo una partitella fra noi:

Rolando sbagliò il primo colpo  alla partenza della buca 1 ed io prontissimo gli dissi::

“Rolando fai come ti dice la tu’ moglie quando siete a letto ”, e lui:

“ Cosa dice la mi’ moglie ?”

“Rolanduccio. Rolanduccio mio, fai la mulligan, perché la prima non ti è venuta  un granché bene  !!!”.

Durante una partita amichevole, ma corroborata da tanto agonismo e voglia di vincere, Giandomenico, sempre con quella sua aria, giocava  piuttosto bene e si avviava a vincere la sfidetta fra noi.  Non sapevamo come farlo distrarre, le barzellette e le battute non servivano a niente; avevamo esaurito tutto il nostro repertorio, ma lui imperterrito non demordeva.

Ad un certo punto ebbi un’intuizione e, sperando di farlo distrarre, gli dissi “ Senti, ma se io vado a letto con tua moglie diventiamo parenti ?” e  lui pronto mi gelò “ Parenti no, ma saremmo pari.” .

Capii che quel giorno avrei dovuto pagare  io la bevuta.

Fu in quell’occasione che successe un fattaccio.

Eravamo quasi alla fine del percorso.

Con noi giocava un altro amico, uno spilungone alto e magro.

Avevamo tirato tutti il primo colpo e c’incamminammo per tirare il secondo.

Quest’amico si avviò allargandosi sulla destra per  cercare la sua pallina, ben fuori sulla linea di tiro.

Dopo circa 40 –50 metri si fermò per guardare se riusciva a vederla.

In quel momento uno di noi tirò il secondo colpo: ne venne fuori uno slice mostruoso verso la destra. Nonostante i nostri urli d’avvertimento, lo spilungone non riuscì a scansarsi e fu colpito in pieno alla testa.

Sentimmo uno schiocco sinistro.

Con una macchina lo portammo di volata al pronto soccorso, preoccupatissimi.  Gli fecero tutti gli esami di rito comprese radiografie, tac.

Per fortuna il responso fu ottimale: non c’era niente di rotto né di grave. Per cui potemmo

tornare al circolo, per prendere un bel the rilassante.

Quando eravamo tutti tranquillamente felici d’averla scampata bella, Terzilio tirò fuori la pallina che aveva incocciato la testa dello spilungone: era incrinata.

Da quella volta nessuno di noi si avventura in avanti prima che tutti abbiano tirato.

Intanto aveva incominciato a giocare a golf anche un altro degli amici storici: Alfonso. Era stato per molti anni restio a passare al golf; ma, dopo averlo “asfissiato” con le nostre avventure golfistiche, alla fine, non potendone più, cedette.

Gran bridgista, suona la chitarra e canta bene come pochi altri

Le sere d’estate quando attacca con le sue canzoni anni ’60 le donne, complice qualche bicchiere  di frizzantino ben fresco, si perdono, romanticamente, fra le spire delle sue note musicali,mentre gli uomini tentano, malamente, di imitarlo.

Giocava solo da pochi mesi ma, come tutti gli artisti, aveva una piccola debolezza: si sentiva in dovere di dare consigli golfistici a chiunque giocasse, in allenamento, con lui.

Lo chiamavamo, per questo, “ O’ Professore “: qualunque fosse l’handicap del compagno di gioco  gli veniva spontaneo dare consigli su tecniche, movimento, apertura, impugnature e quant’altro gli capitasse di occhieggiare.

Non che dicesse cose sbagliate, anzi, con quel suo bonario, cordiale e altruistico modo di fare, diceva (quasi) sempre cose giuste; ma dopo un po’ la calma svanisce e non  diventa facile fare un percorso con uno accanto che ti suggerisce cosa devi fare: in quelle occasioni  capii   esattamente come doveva sentirsi Pinocchio quando perse la pazienza col Grillo Parlante, e  pensai bene di rivalutarlo (Pinocchio s’intende).

Per un periodo Alfonso aveva preso a giocare, tra gli altri, anche con una signora che non giocava malaccio, soprattutto quando faceva la prova del colpo.

Quando si gioca con gli amici è consuetudine, da gentiluomini come siamo, “dare”  per buono il colpo quando la pallina è vicinissima alla buca ed è praticamente impossibile sbagliare il putt.

Una volta Alfonso aveva messo la pallina a pochi centimetri dalla buca.

Poiché la signora stava zitta, lui gli disse: “Me la dai ?”.

Gliela avrà data ?   Non gliela avrà data? La risposta alla prossima puntata.

“Dartela? Dartela? Ma io  non ci  penso proprio a dartela! Figurati che non la do più nemmeno tanto spesso a mio marito! E dovrei darla a te? Ma  chi ti credi di essere? Ti sei guardato allo specchio?”.

Il povero Alfonso, imbarazzato e con gli orecchi ciondoloni, non sapeva cosa rispondere e anche gli altri compagni di gioco, interessati e con un mezzi sorrisetti stampati sulle facce, aspettavano di sapere come sarebbe andata a finire; allora con un filo di voce sussurrò:  “ Ma io intendevo se mi davi la pallina per buona !” e lei  tranquilla “Per principio non la do, quindi non ti do neanche buona questa pallina. Gioca, gioca e fai meno il furbino con me! “.

 

Lunedì mattina la terza e ultima puntata del racconto,  da pubblicare eventualmente in due tempi a seconda di quanto è lunga. A presto!