Archivio di gennaio 2011
Quanto conta veramente il caddie?
Confesso che quando ho iniziato a giocare a golf l’immagine che mi ero fatto del caddie era di un personaggio pittoresco che si limitava a pulire i ferri del giocatore e gli evitava lo sforzo di portare la sacca.
Poi un giorno mentre stavo seguendo un torneo del circuito americano mi sono accorto che tutta l’attenzione del pubblico e dei commentatori era rivolta all’arrivo di Tom Watson che però non stava facendo un grande risultato. Presto ho capito che il vero protagonista di tutta questa attenzione non era Watson ma il suo caddie, Bruce Edwards. Era l’ultimo giro che facevano insieme dopo aver passato insieme 30 anni sui campi da golf. Bruce era costretto a lasciare perchè affetto dal morbo di Gehring. L’arrivo alla 18 è stato un momento toccante e ha dato l’idea del forte rapporto che si era instaurato fra i due. Ho cominciato a capire: il caddie non è solo “colui-che-porta- la-sacca”.
Molti dei grandi campioni del passato come Walter Hagen e Sam Snead hanno iniziato come caddie, ma anche campioni recenti come Severiano Ballesteros, Miguel Angel Jimenez ed il nostro grande Costantino Rocca lo sono stati.
Nel golf moderno non è più normale, e non so se sia un bene, iniziare come caddie. Il caddi è diventata una professione a se stante e proprio per questo i caddies sono diventati veri e propri personaggi che il grande pubblico inizia a riconoscere con facilità.
Steve Williams, il caddie di Tiger, è sicuramente il più famoso ed anche il meglio pagato. Ad oggi risulta essere lo sportivo più pagato in Nuova Zelanda. Steve è con Tiger dal 1999 e il suo rapporto travalica la parte sportiva al punto di essere stato il suo testimone di nozze.
Jim “Bones” MacKay è invece il caddie di Phil Mickelson. Jim ha una personalità completamente opposta a quella di Steve Williams. Con il suo carattere pacato riesce a compensare la “pazza genialità” di Phil, anche se ha voce in capitolo sulla scelta dei tornei da giocare.
E chi non conosce Mike “Fluff” Cowan? Il sessantunenne signore con i baffoni che porta la sacca di Jim Furyk è stato il primo caddie di Tiger ( era lui che portava la sacca al Master del 1997, prima vittoria in un major di Wood), ed è anche uno sfegatato fan dei Grateful Dead nota rock band californiana. Un aneddoto per avere un’idea del personaggio. Recentemente una nota rivista americana ha fatto una piccola inchiesta: quando consigliate di puttare due palle a destra il riferimento è il centro o il bordo della pallina?
La domanda è stata posta a 50 fra i migliori caddies del tour americano. Il gruppo si è diviso più o meno al 50% sul risultato ma la risposta di “Fluff” è stata eloquente: per me è il bordo destro ma in ogni caso Jim non mi dà retta e allora io gli dico di mettere dentro quel c…o di putt”
Donne caddies si contano sulle dita di una mano ma Fanny Sunnesson è riuscita a trovare uno spazio importante in un mondo a grande predominanza maschile come il golf. Oltre ad avere “accompagnato” Nick Faldo per più di 10 anni è stata il caddie di Sergio Garcia, Nothan Begay III ed attualmente “porta” la sacca del suo compatriota Henrik Stenson. Ho avuto modo di seguirla all’ultimo Dubai Desert Classic e la grinta con la quale ha rimproverato uno spettatore che stava provando a fare una foto mentre Henrik si stava adressando dimostra di come in fatto di attributi non abbia niente da imparare dai colleghi uomini.
Il rapporto con il caddie è davvero speciale. Chi preferisce avvalersi del cognato come Padraig Harrington o chi, come Luke Donald, del fratello ma in ogni caso il caddy può essere fondamentale nel gioco del professionista, nel bene o nel male.
In definitiva: quanto conta veramente il caddie?
(….. fine prima parte..) Massimo
ancora sulle vacanze di golf!
Questo è il simpatico racconto di Antonio. Prendi spunto dalla sua tattica “attira-moglie-non golfista-al-golf”
Io sono un dilettante, gioco da meno di un paio d’anni, ma il virus mi ha contagiato molto forte, soprattutto dopo aver letto il libro “La consapevolezza del giocatore di golf” di Gay Hendrix. Imparo molte più cose sulla vita e sul mio lavoro tirando una pallina da golf che sui molti libri che leggo…
Quella che ti racconto è una giocata fatta in vacanza. Io vado in Sardegna, vicino Olbia e Portorotondo, da tantissimi anni e a luglio scorso, per la prima volta, sono andato, con il mio “gemello del golf” (persona con cui gioco sempre) che stava con la famiglia insieme alla mia, al Pevero Golf Club di Cala di Volpe. Campo meraviglioso, almeno per noi che non abbiamo (ancora) girato molto. Gli armadietti di legno che sembrano usciti da uno di quei film sul golf della fine del secolo scorso, i fairways e i green perfettamente rasati, una giornata, il 15 luglio, bellissima. Alle 8 di mattina eravamo in campo: praticamente solo noi. Io ho giocato abbastanza male, il mio compagno molto meglio, ma la sensazione, quella natura, quel paesaggio con il golfo e il meraviglioso mare della Sardegna davanti… BELLISSIMO! (scegli tu la o le foto, io sono quello con la maglietta bianca)
Un’altra “vacanza di golf” che posso raccontare è in realtà la preparazione ad un fine settimana. Questo mese è stato il compleanno di mia moglie (che non gioca a golf) e io le ho regalato un biglietto: “Buono per un fine settimana con un gran fico in una meravigliosa architettura circondata da verdi prati ben rasati, con beauty center e centro massaggi”.
Domanda di un amico:
– “Il gran fico chi sarebbe?”
– “Io naturalmente”
– “Ma i verdi prati sarebbero un campo da golf?”.
– “Vedi, questi posti , per darsi un tono, scrivono sul sito di avere un campo da golf, ma in genere lo fanno solo per scena, non ci gioca quasi nessuno…”.
– “E tu ti porti le mazze?”
– “Mah, spazio nel bagagliaio c’è, magari ci butto la sacca… non si sa mai”.
– “E mentre tua moglie sta al Beauty center, in palestra, sauna e bagno turco tu che fai?”
– “Magari vado a fare una passeggiata nei dintorni…”
I golfisti fanno anche questo…
Antonio
Ecco adesso il bellissimo racconto di Massimo:
Uscendo dal Golf Club Musselburgh lo sconforto e la stanchezza si sono impadroniti improvvisamente di noi. Purtroppo, nonostante il gioco sia stato all’altezza dell’evento, il risultato non ci è stato favorevole: qualificazione per le local qualifying dell’ Open Championship mancata.
Bisogna fare qualcosa per risollevare il morale.
“ E se andassimo a giocare al Musselburgh Old Golf Course ?”
“ Perchè no.. a patto che giochiamo con i ferri di cento anni fa..” “ Andata!”
Mentre stiamo cercando un taxi ecco il primo episodio che comincia a farci capire che la giornata sta cambiando nel verso giusto.
Si ferma un anziano signore su di una Punto rossa modello di 20 anni fa (….probabilmente l’unica rimasta in Scozia) vede la sacca di Alfredo e ci chiede se vogliamo un passaggio. Dopo un attimo di titubanza ,e valutando che in eventuale scontro fisico saremmo 2 contro 1,gli spieghiamo il nostro progetto e si offre con grande entusiasmo di accompagnarci al campo.
Una volta partiti la domanda di prassi “ Where are you from?” nello scoprire che siamo italiani il nostro amico ci assicura che adora l’Italia “ Vedete ho anche un’ auto italiana..” (non gli abbiamo detto che, visto il mezzo, non l’abbiamo considerata una nota di merito) e, come spesso mi succede da italiano all’estero, ci tratta come dei vecchi amici raccontandoci la storia della sua vita. Fortunatamente il tragitto è breve e, dopo essersi assicurato che avessimo il tee time, l’amico ci saluta calorosamente e con un sorriso. Anche questa è Scozia.Guai se noi amassimo il nostro paese come lo amano gli stranieri……
“Musselburgh Old Course Links” è un campo 9 buche che si sviluppa all’interno ed intorno all’ippodromo di Musselburgh, ….si avete capito bene l’ippodromo.
Qui la Regina di Scozia ha giocato a golf nel 1567 quasi 500 anni fa. Qui è nato il primo vincitore dell’Open: Willie Park senior. Qui il golf è molto più di un gioco: è storia, è tradizione ,è uno stile di vita.
Il campo è un vero link: non faccio fatica a credere che una volta ci pascolavano le pecore e non mi stupirei se lo facessero ancora…
50 sterline per 2 giri di 9 buche più noleggio dei ferri ed inizia l’avventura….
I ferri sono: brassie, sammy, mushie, blaster,putter che Alfredo mi dice dovrebbero corrispondere ad un drive, ferro 5, ferro 7, sand e putt. Non so se essere divertito dal fatto di dovere usare degli attrezzi così insoliti, o disperato per il fatto che non so se riuscirò ad alzare la palla.
Tee 1. Par 3. Alfredo la mette in green ed io miracolosamente la prendo e la metto a destra nel rough.
Vi risparmio il racconto dei colpi e lo score per una questione di amor proprio, non so proprio come qualcuno abbia potuto giocare sotto par qui e con questi ferri, ma il giro è stato veramente una piccola passeggiata nella storia di questo gioco fantastico.
Tante sono le cose da raccontare in poco spazio.Per esempio, quando la palla si è fermata sul percorso ippico alla domanda “ e durante le corse dei cavalli?”risposta semplice e banale “ …suonano una campana, ci si ferma,si guarda la gara e dopo che i cavalli sono passati si ricomincia a giocare”. Sul green della 4 ci si può fermare alla “ buvette” che non è altro che il pub del paese e una volta “parcheggiati” i ferri fuori si entra per una pinta di birra.
Mentre cammino nel campo nel tentativo di fare un giro decente non posso fare a meno di pensare a 200 anni fa quando un gruppo di amici si trovavano per giocare e si inventavano le regole al momento. Si narra, per esempio,che la dimensione della buca non è basata su calcoli matematici ma è la dimensione di uno pezzo di scarto di una grondaia trovata nella ferramenta adiacente al campo.
Francamente in tutto ciò non ci vedo niente di così esclusivo o “ snob” come molti credono o vogliono far credere.
Si certo anche qui esistono club esclusivi ma le origini non vengono tradite perché sono l’essenza di questo gioco fantastico ed è un peccato che ancora tanti non lo sappiano o non se ne siano accorti.
Grazie Antonio e Massimo, sono due racconti fantastici!
Vacanze di golf
La vacanza di golf è una vacanza doppiamente piacevole: si unisce la passione del golf al piacere di scoprire nuovi posti. Se poi ci mettiamo anche la goduria di mangiare fuori, dormire in albergo, lasciare a casa lavoro, preoccupazioni e abitudini, la vacanza di golf diventa FANTASTICA. Ti racconto la mia di tre giorni in costa azzurra, a Sainte Maxime, anche se risale all’anno scorso. Non ha importanza il luogo o il tempo, l’importante è lo spirito con cui si “affronta” una vacanza di golf.
Primo: mollo tutto. Dove sono le preoccupazioni mentre saliamo in macchina, sacche ben sistemate in bauliera, trolley con il necessario da golf e tanta voglia di andare a giocare? E’ come se automaticamente l’autostrada, la musica e il telepass scuotessero ogni residuo di pensiero inutile. C’è solo da guardare il panorama, fermarsi per un caffé e rilassarsi. I nostri amici sono dietro di noi, ogni coppia ha dovuto prendere la sua macchina per l’ingombro delle sacche e delle valigie, pazienza, ma la presenza delle due automobili dietro non fa che aumentare la sensazione di benessere condiviso, preludio dei bei momenti che ci aspettano.
Secondo: scopro posti nuovi. Entrata in Francia, mi incuriosisce l’autostrada con i viadotti alti, parecchi metri sul livello del mare, mi affascinano di nomi di città da sogno come Monte Carlo, Nizza, Cannes, Antibes. Siamo quasi arrivati, l’uscita dell’autostrada mostra una stradina pulita, ben asfaltata, con una candida striscia della mezzeria… filiamo verso il golf!
Terzo: la curiosità di calpestare un nuovo campo da golf mette le ali ai piedi. Nessuna perdita di tempo, l’albergo può attendere, sbrighiamoci a pagare ‘sto green fee e corriamo sul tee della uno. Qualche esitazione su come giocare: tre uomini e tre donne? Oppure quattro+ 2 persone? Alterneremo, intanto inforchiamo il cart e corriamo sul tee, prima le donne.
Quarto: è marzo, eppure c’è un bel sole e tutto va per il verso giusto. Un giro completo di 18 buche vissuto con intensità, brezza leggera e profumo di fiori, un saliscendi spettacolare e squarci di mare, del vicino Saint Tropez. Il campo è perfino FACILE, lo swing viene da solo senza fatica! Non c’è competizione fra noi, vogliamo solo dire ai signori uomini che siamo più brave di loro, così ci impegnamo per bene e poi il risultato non è controllabile…
Quinto: a cose normali nel mio campo gioco meglio, invece qui mi sono superata! Il campo è FACILE e corto, ma questo a volte non vuol dire niente, ho sentito un sacco di persone che mi confermano di giocare meglio nel loro campo, ti risulta?
Sesto: buon ristorante, ottimo albergo e compagni di viaggio in forma smagliante. Per forza, dopo una giornata di golf all’aria aperta in un campo nuovo, con poca gente e ben curato, con lo swing al meglio e il morale alle stelle non si può pensare che la compagnia non sia piacevole. E adesso, raccolgo racconti di vacanze di golf con commenti sul gioco: giochi meglio in vacanza o nel tuo campo? E quanto può essere stata piacevole una tua vacanza di golf? Raccontamela!
Vacanza di Paolo
La vacanza golfistica si è svolta a Tenerife -a metà gennaio – temperatura media 25/28°, abbastanza vicina all’Italia – campi belli, uno più dell’altro (un paio troppo cari per giocare). Ho giocato al golf del Sur, 9+9+9, buche ampie ma inclinate (la maggior parte) quindi tiri di precisione. Ostacoli naturali di canaloni, boschetti, pietraie. Personale educato e disponibile. Allego alcune foto.
Grazie per l’opportunità.
Con stima P. Ferrario
p.s. sul mio campo, Castelconturbia, sono mediocre e approssimativo. sul golf del Sur, concentrato quasi preciso e buoni risultati
Risultato, non metodo…
Quest’inverno ho davvero giocato POCO. Eppure se guardo questa foto non posso frenare la MERAVIGLIA di vedere un campo verdissimo, inondato dal sole, e la mia faccia sorridente all’idea di imbucare un putt facile.
Questa bella giornata di gennaio mi ha portato una grossa novità di comprensione: ho capito che nel backswing non giravo le spalle, ma le alzavo verso l’alto. La mia faccia rimaneva incassata all’interno del braccio e il mio bastone svettava in alto prima di scendere verticalmente con un colpo stanco e sfibrato sulla pallina, con risultati che non sto a descrivere. In questa bella giornata di gennaio, invece, ho semplicmente provato a fare un movimento “rotondo”, cioè a ruotare lentamente le spalle tenendo il bastone basso dietro e mantenendo la distanza fra il mio mento e la spalla sinistra .
Tutta un’altra storia! I colpi partivano a razzo! Ma era così semplice? Mi sono chiesta. Era davvero tutto qui?
Sì, ma solo per quel giorno. Quel giorno ho giocato bene, con il metodo in testa, l’assoluta concentrazione sulla rotazione delle spalle tout court. Ma il golf non funziona come le fiabe a lieto fine. Quello che funziona oggi non vale più domani, chissà per quali strani motivi… Adesso,per quanto mi affanni a cercare una rotazione lenta e corretta, i colpi di quel giorno me li sogno.
Sono dunque arrivata a una conclusione drastica: il metodo non conta. Conta il risultato. Quanto riesco a giocare al meglio delle mie possibilità? 20? 25? 36? Devo solo fare una valutazione onesta e stabilire qual è il giusto handicap per me, poi giocarlo e cercare di stare sempre nel range, senza eccessi. I metodi passati da altri, scopiazzati, letti sulle riviste o imitati dai campioni della tv funzionano una volta sola… almeno per me!