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Annika Antipatika

 Si nun me diverto, che piacere è?

 

Racconto di Fred Rességuier

Una pubblicità di qualche anno addietro definiva il caffè come un piacere, e “si nun è bbono, che piacere è?”. Mi pare che il ragionamento, nella sua semplicità, non facesse una grinza. Ora, parafrasando questo fortunato slogan, si potrebbe dire che anche il golf è un piacere, ma “si nun me diverto, che piacere è?”.

Immaginiamo adesso che il nostro circolo, per una serie irripetibile di circostanze favorevoli, ospiti per una esibizione la numero uno del mondo, la svedese Annika Sorenstam..

Ora, Annika ritiene, per carità, giustamente, che la sua esibizione debba essere accompagnata da un comprimario, insomma uno scagnozzo qualsiasi che faccia meglio rifulgere la sua immensa classe. E così, solo per fare le debite proporzioni, andiamo a raschiare il fondo del barile, e facciamola affiancare da chessò, un Michele Reale qualsiasi.

(Ironia della fantasia; uno con quel nome, Reale, Royal, The King, dovrebbe dare le piste a tutti, che dico nel circolo, che dico in Italia, che dico in Europa, ma sullo scenario internazionale! E invece no!)

Bene, a Reale, al quale non capiterà probabilmente mai più un onore così, tremano un tantinello i polsi, ed il suo tee-off  non è nemmeno lontano parente di quello che la sua pur limitata fama gli avrebbe dovuto permettere. Annika lo guarda con finta distrazione e, mentre dentro di sé si scompiscia dalle risate, dalla sua mimica nordica non trapela assolutamente nulla, nemmeno un battito di ciglia.

Ma adesso, fermi tutti: il momento è solenne.

Annika prende posizione sul battitore e allinea sapientemente il legno sulla traiettoria ottimale, appoggiandolo sul petto.

C’è, per la verità qualche incauto, evidentemente ignaro di tanto momento, che si attarda a bisbigliare qualche parolina all’orecchio del vicino o che, peggio ancora, accenna a muovere un passo. Annika si limita ad osservarlo con quella commiserazione appena venata di irritazione con la quale si assiste allo sbarco di clandestini a Lampedusa.

Istintivamente tutti trattengono il respiro e… swish,  parte il celestiale drive di Annika, che va su su, curva dolcemente verso l’interno, per cominciare poi la discesa e l’atterraggio sul centro del fairway. I più disinibiti non si trattengono e si leva un “brava!!!” che contagia quanti si sentono autorizzati  a riprendere a respirare.

Il povero Michele, da parte sua, a capo chino, inizia la ricerca della sua pallina, finita nel rough di sinistra. Anche Annika, la grande Annika, partecipa alla ricerca e, nel giro di un paio di minuti si registrano due miracoli. Il primo, quando Annika gli trova la pallina, peraltro con un lie assolutamente favorevole, ed il secondo, quando Michele, evidentemente ringalluzzito dalla svolta positiva della situazione, fa partire un bellissimo secondo colpo che riscuote perfino il plauso di Annika.

Sarà per il caldo al limite della sostenibilità, ma gradualmente l’atmosfera tende a farsi più fluida, anche se la differenza tecnica emerge impietosamente mano mano che alle buche si susseguono altre buche, fino a che…, beh! andiamo per ordine.

Osserviamo Michele alle prese con un’uscita dal bunker, quello di sinistra sotto il green della 5. Michele ci prova, la pallina si alza, ma non abbastanza e ripiomba quasi al punto di partenza. A questo punto Annika prende da parte il povero Michele e, in un inglese fluido come il suo swing, gli spiega che le spalle devono mettersi così e i piedi cosà. Umiliato ma non domo, Michele sfodera un secondo colpo dal bunker e la palla plana dolcemente sul green.

Buca successiva; Annika, fattasi ormai ciarliera, se ne fotte un tantinello del “silence”  che aiuterebbe Reale a trovare la sua concentrazione, nel momento in cui è intento a trovare il suo stance, anche se il suo drive è poi quanto mai efficace, con palla che atterra a bordo green.

Qui qualcosa comincia ad incepparsi nel meccanismo perfetto di Annika, forse disturbata dallo stropiccio dell’occhio di Michele, al quale un moscerino era andato a fare indesiderata visita.

Stavolta il “Quiet, please!” di Annika ha un che di stizzito. Sta di fatto che la sua palla non rende onore alla fama della grande svedese, che ha poi il suo daffare a riportarla in green.

Qui Michele ha la sua grande occasione; al cospetto della numero uno ha la non lontanissima chance di eagle. Estrae dalla sacca il pitch e con un delicatissimo chip porta la palla a sbordare la buca e, prima che si fermi ad un metro e mezzo dalla stessa, sente tutta l’indifferenza degli dei del golf nei suoi confronti, mentre a stento riesce a contenere il porco qua e porco là che gli salgono alle labbra.

Annika, non indifferente al dramma di Michele, attinge a tutta la commiserazione di cui è capace che, detto tra noi, non è poca, e gli spiega il motivo dell’insuccesso del colpo: Lei, lì, avrebbe giocato il putt!

Michele pesa in una frazione di secondo tutti i pro e tutti i contro e decide di non mandarla affanculo. Ma qui, anche se se ne sarebbero potuti già vedere i prodromi, la svolta.

Putt da quaranta centimetri di Annika per un clamoroso bogey: Michele assiste immobile e senza fiatare come al solito. L’attesa si protrae: l’acido lattico gli si accumula sulla gamba di appoggio mentre Annika effettua l’ennesima prova. Michele non ce la fa più e decide di appoggiare il peso sull’altra gamba, pur rimanendo in apnea. Il “Don’t move!” sibila come una lama affilata e provoca un momentaneo brivido sulla schiena sudata di Michele. Parte finalmente la palla che si avvicina alla buca, ma alla fine la evita con un’elegante veronica. Dopo il tap_in , esplode inaspettato un “Fuck you!!!” che si ripete cinque_sei volte, e sulle ali dell’ultimo, un elegante destro, degno di Trézeguet accompagna l’ingrata palla fuori dal green.

L’aplomb di Annika, già messo alla dura prova dagli eventi non proprio fausti, tende vieppiù sfilacciarsi nel prosieguo, fino al quasi inevitabile epilogo.

Buca 11. Il caldo e l’umidità tengono uniti i due giocatori come l’antiberlusconismo i membri dell’Unione.

Il tee_off di Michele, forse vittima anche dell’inclemente concorso climatico, è ben poca cosa e l’unico suo desiderio è attingere a quanto rimane di fresco nel suo thermos.

In quel momento Annika si accinge a sparare il suo drive. La concomitanza degli eventi è letale e fatale. Finalmente abbeveratosi, Michele ripone nella sacca la borraccia e malauguratamente la chiusura dello zip irrompe mentre la testa del driver di Annika si trova all’apice del back_swing. Patatrac! Risultato: drive da 36 di hcp!

“Who made that noise!?” Chi ha fatto quel rumore? Michele alza la mano come uno scolaretto.

“You bastard! You made it on purpose!” Sciocchino, l’hai fatto apposta!

Ma, veramente ero girato, non ho visto.

No, l’hai fatto apposta!

A quel punto a Michele, esaurito anche dal caldo, sovviene chissà perché quella famosa pubblicità del caffè di qualche anno prima e decide con un impeto di orgoglio che, Annika o non Annika (che andasse affanculo), non si sta più divertendo e perciò che piacere era?

Prende la sua palla e se ne va.

Fred Rességuier