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Quanto conta il caddie? Seconda parte

Ecco la seconda parte del racconto di Massimo Cuzzolin sull’importanza del caddie, per i professionisti e anche per noi super-handicappati. Le due foto mostrano i campi scozzesi, links con mucche e pecore. Quando questi animali pascolano sul green come sarà possibile imbucare…?                                              

fotoQuante volte ci siamo chiesti: ma conta veramente il caddie?

Gli aneddoti sull’argomento si sprecano.

Severiano Ballesteros racconta nella sua biografia che nel 1976 al Royal Birkdale, Dave Musgrove, il caddie che lo aveva accompagnato all’Open di Francia, si era già impegnato con Roberto de Vincenzo. Come dargli torto, fra l’affermato campione argentino ed un giovane spagnolo di belle speranze voi cosa avreste scelto? Dave, quasi per farsi perdonare gli consigliò un amico: “ E’ un poliziotto e non ha esperienza di grandi tornei parla solo inglese ma penso sia libero questo fine settimana…”

Andò a finire che Severiano ,dopo aver preso solo tre fairways in tutto il giro, terminò secondo ad un colpo da Johnny Miller a pari merito con Jack Nicklaus ed arrivò alla 18 acclamato dal pubblico Inglese che da quel momento iniziò ad amarlo come pochi altri.

Non credo il caddie sia stato importante in quel frangente  ma si sà… Severiano è Severiano.

Pete Bender è stato il caddie di Greg Norman a Turnberry. In una recente intervista ha raccontato di come Greg fosse nervoso al punto che fu costretto di prenderlo per il maglione e dirgli:” Greg fermati e guardami. Easy.. cammina al mio fianco sono qui per aiutarti”

Al tee della 18 Norman stava prendendo il drive e Pete mise una mano sul copri bastone e gli diede un ferro 1. Lo “squalo” vinse il suo primo Open.

In proposito Greg Norman fu chiaro e dichiarò:” Alla  17 avevo un putt da un metro e mezzo e ho detto a Pete: sono così nervoso che non vedo la linea , dimmi dove devo puttare e con che forza…” e ancora “ Pete sa identificare di cosa ha bisogno il giocatore.Legge le situazioni che il giocatore non sa leggere ed ha il coraggio di dirlo nel momento giusto.”

Il caddie può dare un supporto importante, è una persona di fiducia alla quale appoggiarsi nei momenti di difficoltà.

A proposito di fiducia nel caddie due piccoli anedotti che per  combinazione sono capitati al  recente US Open e per combinazione a due giocatori spagnoli.

Miguel Angel Jiemenez al tee della 18, un par 4 corto, doveva fare un par per passare il taglio. Chiese il drive al suo caddie. Martin Gray, non un dilettante ma noto per aver portato sacche  importanti,(Ballesteros e Olazabal fra gli altri), glielo nego e gli disse che doveva giocare un legno 3. La tensione era alta ,il malaguegno gli diede retta ma la situazione gli creò sfiducia. Fece un hook, “raddrizzo” in fairway, approccio corto, due putt… a casa.

La settimana seguente Jimenez aveva un altro caddie.

Ad Alvaro Quiros è successo il contrario. Era da tempo che Alvaro non era soddisfatto del rapporto, fece l’errore di parlarne con David McNelly, il suo caddie, durante un giro a Bethpage. Il dialogo fu più o meno questo: “Non va bene ma proviamoci ancora “ disse Alvaro, “Grazie, sono sicuro che non te ne pentirai” rispose David.

Alla buca seguente Il giocatore chiede la distanza dalla bandiera: “180 yards, 14 passi dall’entrata,4 da destra” Colpo perfetto…in bunker. McNelly, forse innervosito dalla situazione, gli aveva dato la distanza… della buca seguente. Dopo un paio di settimane la sacca di Quiros non era più sulle stesse spalle.

E’ un fatto che il rapporto fra caddie e giocatore è uno fra i più complicati del mondo e sono rari i rapporti che si prolungano nel tempo come quelli fra Steve Williams e Tiger o fra “Fluff” Cowan e Jim Furyk. Al proposito è bello ricordare come, dopo aver trionfato nella Race to Dubai, Martin Kaymer sia volato a portare la sacca di Allison Micheletti, sua fidanzata alla qualifying school dell’ European Tour. Risultato: non qualificata.Probabilmente il campione tedesco se la cava meglio nella versione giocatore.

Di recente ha molto colpito la storia del caddie di Camillo Villegas. Il sogno di Brett Waltman è sempre stato di giocare come pro. Ci ha provato all’ultima QS del Nationwide Tour (il Challenge Tour americano), ottenendo la tanto sospirata carta. A questo punto si è presentato il dilemma: rinunciare ad un sicuro quanto cospicuo ingaggio del campione colombiano od inseguire il sogno…ha scelto il sogno ed io faccio il tifo per lui.

Il lavoro del caddie è veramente difficile sia fisicamente che psicologicamente. Ho portato la sacca di Alfredo Da Corte alle qualifiche dell’ Open di Francia. Nel nostro gruppo c’era anche il recente vincitore dell’Open del Galles sul Challenge Tour: Rhys Davies. Il giovane gallese era accompagnato da un caddie professionista. Io caddie improvvisato, ho avuto modo di vedere da vicino, buca dopo buca, il lavoro di un vero caddie. Annotava tutto, distanze, pendenze, ferri, vento. Era sempre vicino al suo giocatore proteggendolo da rumori o fastidi di ogni genere, sostenendolo quando sbagliava facili putt sui terribili green di Chantilly , cercando di dargli serenità per arrivare alla qualificazione. Davvero un duro lavoro.

Portando la sacca di Alfredo da Corte in qualche torneo  mi sono accorto, sulla mia pelle,  come sia veramente difficile avere la parola giusta al momento giusto. E’ difficile sapere se è il momento di dare la carica o il momento di “calmare le acque”, Si sa in un giro di golf un colpo può cambiare le sorti di tutto un torneo e quindi la responsabilità e veramente alta…se non sei li solo per portare la sacca e pulire i ferri.

Al proposito ho anch’io un piccolo anedotto personale.

Campionato PGAI a Margara,secondo giro. Siamo messi bene. Alfredo fa un gran birdie alla 10 e manca di poco il putt per l’eagle alla 11.Arriviamo alla 12 un par 3 di 160 mt.

Alfredo mi chiede il ferro 6.

Penso: veniamo da due birdie, ha l’adrenalina a 1000 dovrebbe tirare un 7 e azzardo:” Alfred hai tirato un 6 anche ieri e sei andato leggermente lungo e poi abbiamo un po’ di vento dietro io tirerei un 7….”  Alfredo guarda la mappa, la bandiera,  lancia un po’ d’erba per aria e mi dice: “OK dammi il 7”.

Si addressa e swinga in maniera perfetta il ferro 7. Adesso non ho più scuse e guardo il volo della palla sudando freddo e….. palla in bandiera.

Voi non ci crederete ma quel ferro 7 mi ha dato tanta felicità.          Massimo.

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ancora sulle vacanze di golf!

1007-058Questo è il simpatico racconto di Antonio. Prendi spunto dalla sua tattica “attira-moglie-non golfista-al-golf”
Io sono un dilettante, gioco da meno di un paio d’anni, ma il virus mi ha contagiato molto forte, soprattutto dopo aver letto il libro “La consapevolezza del giocatore di golf” di Gay Hendrix. Imparo molte più cose sulla vita e sul mio lavoro tirando una pallina da golf che sui molti libri che leggo…
Quella che ti racconto è una giocata fatta in vacanza. Io vado in Sardegna, vicino Olbia e Portorotondo, da tantissimi anni e a luglio scorso, per la prima volta, sono andato, con il mio “gemello del golf” (persona con cui gioco sempre) che stava con la famiglia insieme alla mia, al Pevero Golf Club di Cala di Volpe. Campo meraviglioso, almeno per noi che non abbiamo (ancora) girato molto. Gli armadietti di legno che sembrano usciti da uno di quei film sul golf della fine del secolo scorso, i fairways e i green perfettamente rasati, una giornata, il 15 luglio, bellissima. Alle 8 di mattina eravamo in campo: praticamente solo noi. Io ho giocato abbastanza male, il mio compagno molto meglio, ma la sensazione, quella natura, quel paesaggio con il golfo e il meraviglioso mare della Sardegna davanti… BELLISSIMO! (scegli tu la o le foto, io sono quello con la maglietta bianca)

Un’altra “vacanza di golf” che posso raccontare è in realtà la preparazione ad un fine settimana. Questo mese è stato il compleanno di mia moglie (che non gioca a golf) e io le ho regalato un biglietto: “Buono per un fine settimana con un gran fico in una meravigliosa architettura circondata da verdi prati ben rasati, con beauty center e centro massaggi”.
Domanda di un amico:
– “Il gran fico chi sarebbe?”
– “Io naturalmente”
– “Ma i verdi prati sarebbero un campo da golf?”.
– “Vedi, questi posti , per darsi un tono, scrivono sul sito di avere un campo da golf, ma in genere lo fanno solo per scena, non ci gioca quasi nessuno…”.
– “E tu ti porti le mazze?”
– “Mah, spazio nel bagagliaio c’è, magari ci butto la sacca… non si sa mai”.
– “E mentre tua moglie sta al Beauty center, in palestra, sauna e bagno turco tu che fai?”
– “Magari vado a fare una passeggiata nei dintorni…”
I golfisti fanno anche questo…  

Antonio1007-055

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Ecco adesso il bellissimo racconto di Massimo:

Uscendo dal Golf Club Musselburgh lo sconforto e la stanchezza si sono impadroniti improvvisamente di noi. Purtroppo, nonostante il gioco sia stato all’altezza dell’evento, il risultato non ci è stato favorevole: qualificazione per le local qualifying dell’ Open Championship mancata.

Bisogna fare qualcosa per risollevare il morale.

“ E se andassimo a giocare al Musselburgh Old Golf Course ?”

“ Perchè no.. a patto che giochiamo con i ferri di cento anni fa..” “ Andata!”

Mentre stiamo cercando un taxi ecco il primo episodio che comincia a farci capire che la giornata sta cambiando nel verso giusto.

Si ferma un anziano signore su di una Punto rossa modello di 20 anni fa (….probabilmente l’unica rimasta in Scozia) vede la sacca di Alfredo e ci chiede se vogliamo un passaggio. Dopo un attimo di titubanza ,e valutando che in eventuale scontro fisico saremmo 2 contro 1,gli spieghiamo il nostro progetto e si offre con grande entusiasmo di accompagnarci al campo.

Una volta partiti la domanda di prassi “ Where are you from?” nello scoprire che siamo italiani il nostro amico ci assicura che adora l’Italia “ Vedete ho anche un’ auto italiana..”  (non gli abbiamo detto che, visto il mezzo, non l’abbiamo considerata una nota di merito) e, come spesso mi succede da italiano all’estero, ci tratta come dei vecchi amici raccontandoci la storia della sua vita. Fortunatamente il tragitto è breve e, dopo essersi assicurato che avessimo il tee time, l’amico ci saluta calorosamente e con un sorriso. Anche questa è Scozia.Guai se noi amassimo il nostro paese come lo amano gli stranieri……

“Musselburgh Old Course Links” è un campo 9 buche che si sviluppa all’interno ed intorno all’ippodromo di Musselburgh, ….si avete capito bene l’ippodromo.

Qui la Regina di Scozia ha giocato a golf nel 1567 quasi 500 anni fa. Qui è nato il primo vincitore dell’Open: Willie Park senior. Qui il golf è molto più di un gioco: è storia, è tradizione ,è uno stile di vita.

Il campo è un vero link: non faccio fatica a credere che una volta ci pascolavano le pecore e non mi stupirei se lo facessero ancora…

50 sterline per 2 giri di 9 buche più noleggio dei ferri ed inizia l’avventura….

I ferri sono: brassie, sammy, mushie, blaster,putter che Alfredo mi dice dovrebbero corrispondere ad un drive, ferro 5, ferro 7, sand e putt. Non so se essere divertito dal fatto di dovere usare degli attrezzi così insoliti, o disperato per il fatto che non so se riuscirò ad alzare la palla.

Tee 1. Par 3. Alfredo la mette in green ed io miracolosamente la prendo e la metto a destra  nel rough.

Vi risparmio il racconto dei colpi e lo score per una questione di amor proprio, non so proprio come qualcuno abbia potuto giocare sotto par qui e con questi ferri, ma il giro è stato veramente una piccola passeggiata nella storia di questo gioco fantastico.

Tante sono le cose da raccontare in poco spazio.Per esempio, quando la palla si è fermata sul percorso ippico alla domanda “ e durante le corse dei cavalli?”risposta semplice e banale “ …suonano una campana, ci si ferma,si guarda la gara  e dopo che i cavalli sono passati si ricomincia a giocare”. Sul green della 4 ci si può fermare alla “ buvette” che non è altro che il pub del paese e una volta “parcheggiati” i ferri fuori si entra per una pinta di birra.

Mentre cammino nel campo nel tentativo di fare un giro decente non posso fare a meno di pensare a  200 anni fa quando un gruppo di amici si trovavano per giocare e si inventavano le regole al momento. Si narra, per esempio,che  la dimensione della buca non è basata su calcoli matematici ma è la dimensione di uno pezzo di scarto di una grondaia trovata nella ferramenta adiacente al campo.

Francamente in tutto ciò non ci vedo niente di così esclusivo o “ snob” come molti credono o vogliono far credere.

Si certo anche qui esistono club esclusivi ma le origini non vengono tradite perché sono l’essenza di questo gioco fantastico ed è un peccato che ancora tanti non lo sappiano o non se ne siano accorti.

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Grazie Antonio e Massimo, sono due racconti fantastici!