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Primo capitolo del romanzo di Alfredo

LEGGI PRIMA L’ARTICOLO PRECEDENTE CON L’INIZIO DEL ROMANZO!
Lo pubblico a pezzi e quando sarà finito lo riunirò in un solo, lunghissimo post. Mano a mano che Alfredo “produce” ne pubblico un pezzettino. Buona lettura!

Quel giorno – data memorabile – iniziammo anche noi e cercare di colpire la pallina che se ne stava calma, ferma, docilmente appoggiata sul tee di gomma ad una buona altezza dal tappetino per facilitare i nostri colpi.
E’ scontato dire che con i primi colpi non riuscivamo neppure a sfiorare la pallina.
Quando riuscivamo a colpirla ci mettevamo tanta rabbia e cattiveria (la forza è quella che è alla nostra età) ma quello che riuscivamo a ottenere è che questa si allontanava poco dal tappetino, non si alzava da terra e si limitava in modo insolente a fare qualche saltello e pochi metri: e fu in quell’occasione che sentimmo per la prima volta la parola “rattone”. (termine satirico usato da chi ci stava accanto e ci guardava con il sorrisetto sotto i baffi come a voler dire, anche se si guardava bene dal dirlo “poveretto, questo non capisce nulla – e non solo di golf -, io si che sono un “ganzo” e so giocare, oltre a capire tutto).

Fu proprio questo diffuso alone di sfiducia percepito nei nostri confronti che ci spinse a continuare con il golf: decidemmo quindi anche noi di prenotare alcune lezioni con il Signor Maestro.
Mi ricordo che quel giorno noi 4 andammo insieme a mangiare al ristorante della club house e questa diventò una simpatica consuetudine.
Davanti a bei piatti di fumanti spaghetti quel primo giorno non parlammo altro che di golf: unica interruzione fu la telefonata che Terzilio fece al negozio della moglie; gli rispose la suocera (la mamma della moglie) che gli disse;“ Non c’è tua moglie Terzilio, è andata dal parrucchiere”.
Anche questa diventò una consuetudine: tutti i sabati Terzilio telefonava al negozio per parlare con la moglie e invariabilmente la suocera gli rispondeva che non c’era. Appena la suocera diceva a Terzilio che la moglie non c’era, noi, i suoi più cari amici, incominciavamo a domandargli “ Ma tua moglie dove va tutti i sabati all’ora di pranzo ?
Avrà per caso qualche simpatia e tua suocera le copre le sue scappatelle ?”.

Tormentavamo il nostro amico, ma sapevamo tutti la verità. La moglie di Terzilio è un’eccellente e brava moglie, affezionata alla famiglia e fedele al marito; ha però una passione: le piace fare shopping, cioè comprarsi capi di abbigliamento e relativi accessori (dispone di suoi soldini e se lo può permettere – beata lei -). L’ora di pranzo del sabato è il momento migliore per fare le “spesucce” in centro: i negozi sono aperti, il marito non c’è, per il suo negozio è un momento di calma.
Fra noi amici storici circola una storiella: la moglie di Terzilio ha così tanti capi di vestiario e relativi accessori che è impossibile ricordarsi tutto e soprattutto è impossibile conservare tutto in una casa normale e soprattutto impossibile potersi ricordare a colpo sicuro dove sono riposti.
Siamo giunti alla conclusione che il povero Terzilio è costretto a archiviare ordinatamente sul pc dove sono riposti tutti i capi di abbigliamento della moglie, cioè armadio A,B,C di casa, oppure cantina, oppure quartiere della mamma, cantina della mamma, casa al mare…!

Dopo questa piccola trasgressione sul buon Terzilio torniamo alla fase iniziale del nostro golf. Volevamo sapere tutto sull’abbigliamento, sull’attrezzatura, sugli accessori necessari per giocare e ovviamente sui relativi costi.
Dichiarammo senza alcuna esitazione che noi non avremmo comprato nulla senza essere più che convinti che il golf sarebbe diventato il nostro sport; ci lasciammo andare a dichiarazioni tipo
“noi non spenderemo una lira fintanto che non saremo super convinti di continuare a giocare a golf”. A quei tempi non c’erano ancora i famigerati euro: famigerati perché nella realtà 1 euro è corrisposto a quello che con le lire valeva 1.000 lire. Eravamo ancora convinti che sarebbe stata un’infatuazione passeggera.
Il sabato successivo andammo a prendere la prima lezione. Io mi vestii per l’occasione con un paio di pantaloni che non mettevo da tempo, di color nocciola e un golf dimesso da mio figlio, perché forse non era all’ultimissima moda,ma di ottima lana di colore verde bosco con una striscia sul torace di color mattone. Forse l’abbinamento dei colori non era ottimale, ma mi sembrava di essere molto a posto e mi piacevo!

Tra l’altro mia moglie quando mi vide non mi brontolò, come fa spesso quando qualche abbinamento non è di suo gusto; e di gusto ne ha e tanto. Mi confessò poi che quella mattina non mi disse nulla perché mi vedeva contento e non voleva turbarmi…
Quando il mio amico Rolando mi vide mi disse: “ Ma come ti sei vestito ? Tu mi sembri un albanese !!”
La cosa non mi turbò più di tanto perché ero eccitato per prendere la prima lezione di golf. Avevamo prenotato un’ora di lezione dal Signor Maestro (mezz’ora Rolando e mezz’ora io) e così incominciammo a giocare e non fu un inizio facile. Ma il sacro fuoco che ci aveva preso ci fece abbandonare tutti i buoni propositi di non comprare niente. Subito dopo la prima lezione comprammo tutto l’occorrente e anche il superfluo, tramite il Signor Maestro che si “offrì” di acquistare per noi il materiale, l’abbigliamento e quant’altro tenendo conto delle nostra caratteristiche. L’unica cosa che non comprò per noi fu l’ombrello; ma quando dopo alcuni sabati ci presentammo con l’ombrello che ci avevano regalato le nostre mogli non celò il suo malumore perché ci eravamo permessi di fare acquisti di materiali “sofistici” (nel senso di tecnici) senza il suo permesso,o meglio senza il suo tramite.

Così ebbe inizio il nostro percorso golfistico. Iniziammo a giocare con continuità, ci iscrivemmo ad un circolo più importante, superammo brillantemente al primo turno l’esame delle regole, ci iscrivemmo a tutte le gare del circolo per acciuffare questo benedetto handicap.
Cominciammo a fare gare con una certa regolarità, non vedevamo l’ora che arrivasse la domenica
per poter gareggiare e dopo tante AMARE domeniche e qualche rara gara decente riuscimmo anche ad abbassare l’handicap! Ah il golf, che insana passione…

Fine primo capitolo.
Il secondo capitolo potrai leggerlo per intero venerdì mattina.

Racconto di un’avventura di golf (e non solo) di Alfredo Maccolini

Ecco qui l’nizio del romanzo di Alfredo, appassionato golfista e lettore affezionato del blog, che ha scritto la storia del SUO golf e di quello dei suoi amici. Sembra il film “Amici miei” in versione golf!
Complimenti Alfredo, aspettiamo con ansia i prossimi capitoli!

PROLOGO Avevo circa 40 anni quando decisi di iscrivermi al circolo del tennis. Amavo il tennis e nel tempo libero giocavo più che potevo.
Il Circolo era molto bello, come del resto lo è ora: situato in riva al fiume, in un meraviglioso uliveto, con la club house ricavata da una casa colonica ristrutturata. In primavera il prato si ricopriva di margherite, la voglia di giocare era al massimo e appena entravi nel circolo non vedevi l’ora di calcare la terra rossa dei campi di tennis per poter battagliare con qualcuno.
Sono sempre stato un mediocre giocatore, ma non mi interessava vincere o perdere, l’importante era giocare, sudare e ridere con gli amici.
Ricordo con una certa nostalgia le belle serate di inizio estate, quando venivano organizzati “torneini” a squadre, formate da 4 giocatori di cui uno forte, due discreti e uno scadente (io ovviamente ero di questa categoria ), e si giocavano 2 singoli e un doppio; vinceva la squadra che riusciva a vincere due incontri su tre. Il capitano della squadra aveva un gran daffare per dosare le forze in campo scegliendo chi doveva fare il doppio e chi i singoli.
Doveva consegnare per scritto la formazione al direttore del torneo, senza che la squadra avversaria la conoscesse, decidendo i giocatori che avrebbero giocato come A e B i due singoli e chi invece dovesse disputare il doppio. Il Direttore del torneo convocava i capitani e dava lettura delle formazioni; non sempre le squadre sulla carta più forti vincevano.
Quando si giocava il campo era circondato dagli amici e le battute e le prese in giro si sprecavano; il tifo per un giocatore o l’altro era assordante!
Si respirava un’atmosfera speciale, direi quasi magica sotto un cielo stellato e circondati da quella dolcezza del clima che la campagna toscana sa dare. Finite le partite si restava tutti insieme a cena, la serata finiva sempre in allegria e si lanciavano le sfide per le giornate successive.
Ricordo che una volta un amico che aveva perso una sfida, sentitissima dai contendenti e alimentata con arguzia dagli amici che avevano assistito al lancio della sfida, fu costretto a bruciare sul prato tutta la sua attrezzatura tennistica, racchetta compresa. Quanto sapevano essere cattivi gli amici!
Io, consapevole dei miei forti limiti tennistici, mi ero fatto un’ampia cerchia di avversari al mio livello, quindi le sfide erano infinite e il divertimento continuo.
Dopo qualche anno uno sparuto gruppetto di amici si allontanò dal tennis per darsi al golf. Questi amici più volte mi sollecitarono ad avvicinarmi al golf, ma ero troppo innamorato del tennis e non concepivo cosa ci trovassero di tanto appassionante in un gioco che all’apparenza era statico, per niente veloce né divertente come poteva essere il tennis.

PRIMO CAPITOLO
Come sempre accade gli anni passarono, anzi volarono. Mi trovai, quasi senza rendermene conto, molto vicino ai sessant’anni. Fu in quel periodo che un paio dei miei amici più cari,Terzilio e Giandomenico, iniziarono a frequentare un piccolo campo di golf della provincia ed a prendere lezioni da quello che fu subito definito il Signor Maestro.
Un sabato di fine Settembre, dopo essere rientrati dalle ferie marine, insieme al mio fido amico Rolando, decidemmo di fare una girata in macchina per vedere cosa combinavano Terzilio e Giandomenico.
Lungo il viaggio (tra l’altro piuttosto corto –circa 40 minuti ) dissertammo a fondo sul fatto che probabilmente il golf non era uno sport adatto a noi e che quindi i nostri due amici avevano iniziato un’avventura destinata all’insuccesso.
Ci fermammo sulla strada provinciale a fare una lauta colazione in un bar pasticceria che si rivelò di eccellente qualità, come spesso accade in questi centri piccoli, ma dove sanno vivere molto bene, meglio che nelle caotiche città metropolitane.
La cosa ci mise di buon umore e quando arrivammo al circolo fummo immediatamente attratti dall’ambiente collinare, con vigneti ordinati e la club house piccola ma di buon gusto.
Vedemmo dall’alto i nostri due amici su quello che avremmo poi imparato a conoscere come campo pratica. Passammo buona parte della mattinata a vedere questi amici alle prese con mazze, palline, tappetini verdi di sintetico e soprattutto attenti agli insegnamenti del Signor Maestro.

A un certo punto, sul tardi della mattinata decidemmo – perché no ? – di provare anche noi a colpire qualche pallina.
Dire che restammo immediatamente “folgorati” (anche se non eravamo sulla via di Damasco…) da questa “strano” gioco è dire poco.
Indubbiamente fummo catturati da quel fascino che ha questo gioco. Sembra all’apparenza semplice: che ci vuole a colpire una pallina che se ne sta lì ferma, innocua e aspetta docilmente solo che il nostro bastone la colpisca ?
In realtà appena preso il bastone in mano ci rendiamo conto che tutto si fa difficile; questo attrezzo che sembra un prolungamento delle nostre braccia ci pare subito un corpo estraneo, difficile da gestire e con il quale sembra impossibile poter colpire quella “dannata pallina”. Ma il bello del golf sta proprio in questo: si accende una sfida fra te stesso e la pallina che ti sembra impossibile non vincere; invece è quasi sempre la pallina a vincere, per lo meno nei confronti di noi poveri, comuni, mediocri giocatori di golf
Riflettendo però penso che la stessa sfida la vivano anche quelli che giocano bene, professionisti compresi, perché è una sfida infinita fra te e la pallina e poi anche con il campo.
Come dice giustamente il mio saggio amico Rolando “ il golf deve essere stato inventato dal diavolo, ma in un giorno in cui era particolarmente incazzato” per far patire oltre ogni dire noi poveri mortali!

Appuntamento a martedì mattina per la fine del primo capitolo

Come giochi dopo una lezione col maestro?

Maestro, correggimi il backswing!

Maestro, correggimi il backswing!

Dopo mesi di flappe, rattoni, hook, Mario si decide a fissare una serie di lezioni. E’ allergico ai maestri perché sa che deve passare ore in campo pratica prima di poter giocare in campo totalmente sciolto e rilassato.

Ma almeno, pensa, riuscirà ad evitare brutte figure come quella di ieri. Ieri al par 3 di 150 metri ha dovuto tirare il drive da tanto che ha accorciato i suoi tiri, e non è nemmeno arrivato in green. Al par 4 col lago davanti ha messo ben due palle in acqua e alla fine delle 18 buche  si sentiva talmente spossato e umiliato che non è riuscito a godersi la bella giornata di sole e la compagnia dei suoi amici. Ormai sono mesi che ha alti e bassi, con grande predominanza di bassi.

Vuole migliorare, così investe e va dal maestro. 

 Cosa si aspetta? Naturalmente si aspetta che il maestro veda i suoi errori e vi ponga rimedio. Vuole allungare i suoi colpi, vuole riacquistare la fiducia e la scioltezza di un tempo, vuole GIOCARE BENE. Mario paga e vuole un risultato.

Però è come quando vai dal dottore: tu paghi anche se lui non ti assicura il risultato.
Il maestro è bravo e disponibile, individua subito l’errore di Mario e gli fa fare un esercizio per aiutarlo a capire come scendere internamente con le braccia per non andare addosso alla palla.

Dopo tre lezioni Mario è stufo del campo pratica e si avventura in campo con un amico. Non alza la palla e dice:

“Tutta colpa del maestro. Mi ha cambiato lo swing, il grip, mi fa fare esercizi stupidi e ora gioco peggio di prima!”

 Per tutte le 9 buche non ha fatto altro che inveire contro il povero maestro, secondo lui un incapace. 

Ma il golf non si insegna: si impara.

Caro Mario, gli dice il maestro dopo che ha saputo dei suoi improperi, devi metterci tanto di tuo se vuoi migliorare, il maestro non basta, anzi, è solo una scusa per darti davvero una mossa. Passa ore in campo pratica, sul putting green e diventa consapevole di cosa funziona e cosa non funziona nel tuo swing. Cerca di fare quello che ti dico io usando la testa, stando all’erta, mettendoci tutto te stesso. E’ così che migliorerai. Se mi dai la colpa tu resterai sempre lo stesso e non ti sforzerai mai di migliorare. Se ci metti la voglia e la passione arriverai lontano.

I soldi che hai speso nelle lezioni sono ben spesi se migliori, no? Li hai spesi per un impegno che prendi CON TE STESSO, non con me.

Ma Mario non è convinto e vuole il rimborso. Soddisfatto o rimborsato, è così che dovrebbero lavorare i maestri.