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Il Dubbio ti fa sbagliare lo swing

ringspiralbinderHo imparato la differenza fra la PAURA di fare un colpo e il DUBBIO di farlo bene.

In situazioni di “pericolo“, ad esempio un colpo al green con un lago davanti o una palla insabbiata nel bunker, può subentrare il Dubbio, con la D maiuscola.  Il Dubbio è un piccolo mostro che si insinua nella mente e dice:

“Non ce la farai a passare il lago o a uscire dal bunker, è al di là delle tue possibilità. Prova con un ferro in più, ma hai poche speranze” Nella tua testa circolano più o meno questi pensieri negativi. Prendi un ferro in più e PROVI a fare il colpo (anzichè farlo veramente) e il risultato è disastroso.

Il Dubbio ha messo in discussione la fiducia in te stesso e alimenta una spirale negativa con messaggi crescenti: “il tuo swing fa schifo- non sei portato per il golf-non sai fare niente-vali poco come essere umano”

Quindi, quando il Dubbio arriva RICONOSCILO e accettalo, ma non invitarlo a prendere il tè! Davanti a un colpo difficile, riconosci il Dubbio in arrivo e digli: Ok, Dubbio, ti vedo e ti accetto, ma voglio superarti. Poi ti togli dalla palla e ti concentri sullo swing con UN SOLO pensiero giusto e con un fare deciso, fai due o tre prove fino a che non ti senti sicuro. Non preoccuparti dei compagni che ti aspettano, tu stai scacciando il Dubbio e devi averne il tempo!

La paura invece non produce sempre il colpo sbagliato: se devo imbucare da un metro anche se ho paura vado comunque sulla palla con fare deciso ed eseguo la tecnica giusta, mentre col Dubbio (la vocina interna: non ce la puoi fare) metto in atto un movimento che dà ascolto alla vocina e mi fa sbagliare!

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Ti aspetto dall’altra parte!

Intervista a Gianni, golfista-papà-scrittore-imprenditore

gdavico_golfHo conosciuto Gianni Davico sul web, ha un blog come me ed è un golfista appassionato di prima categoria che vuole diventare professionista anche se ha superato i 40 anni.  Lo stile di pensiero di Gianni è simile al mio: anche lui parla di felicità, equilibrio, stima di sé e… di golf.

Lui di golf ne sa MOLTO più di me, soprattutto dal punto di vista tecnico (è 4 di handicap…), ma le sue aspettative golfistiche sono totalmente diverse dalle mie e così è diverso anche l’impegno e la dedizione.

Alessandra: Cosa ti affascina del golf? 

Gianni: In una parola, la sfida con se stessi e la ricerca continua del superamento dei propri limiti. È vero che ci sono tanti aspetti del golf assai piacevoli (conoscere persone interessanti, vedere luoghi incantevoli, mantenersi in forma fisica, il divertimento e così via), che naturalmente costituiscono una parte importante del tutto. Ma se riuscirò nel mio intento – diventare professionista entro i 45 anni, avendo preso un bastone in mano per la prima volta a 36 anni –, ecco, questa sarà per me una sorta di missione compiuta. È proprio questo il mio motore primo, la motivazione che mi viene dall’interno, il desiderio di “andar oltre, mangiarmi un’altra generazione, diventare perenne come una collina”, per dirla col Pavese del Diario

Alessandra: Come concili lavoro, golf e famiglia?

 Gianni: Premetto che mi considero molto fortunato. 

Ho dato il via alla mia attività nel 1995, fresco di laurea, e col tempo il lavoro era cresciuto a dismisura: mi portava via troppe ore, mentre c’erano attorno a me persone e attività cui volevo dedicare tempo. Molto tempo. Passati i quarant’anni ho iniziato a vedere la fine del mio tempo, e questo mi ha dato molta energia. Nel 2008 ho dato il via ad un progetto che ho chiamato 25×44: ovvero, mi sono riproposto allora di non dedicare al lavoro più di venticinque ore la settimana per più di quarantaquattro settimane l’anno, partendo proprio dalla considerazione che avevo passato i quarant’anni e che avevo altre priorità oltre al lavoro. Ho descritto questo processo nel dettaglio nel mio ultimo libro, La vita 2.0; non tanto per quel che mi riguarda, ma soprattutto per come ciascuno possa, volendolo (è questo il punto cruciale) applicare a sé quei principi. Io da allora e fino ad ora ci sto riuscendo molto bene: ora ho molto più tempo per le mie passioni, riuscendo ugualmente a mantenere una famiglia composta da quattro persone. 

La reazione tipica che osservo quando racconto la mia esperienza è: “Eh, beato te che puoi permettertelo…” Ma non è esattamente così. Non è che io possa permettermelo e altri no; tutti possono farlo, ma devono decidere di volerlo per sé. 

Alessandra: Quali segreti puoi svelare a noi scarsi di terza categoria per fare il salto di qualità? Come superi i momenti in cui giochi male? (anche i giocatori “super” come te avranno i loro momenti no…) 

Gianni: Guarda, la risposta è facile da trovare dando un’occhiata ad un campo pratica o a un putting green o ad una zona per gli approcci in un qualunque momento. Accadono delle cose molto lineari. In campo pratica, tendenzialmente più l’handicap di un giocatore è alto più praticherà i legni – soprattutto, va da sé, il drive. Nel putting green, quella persona tendenzialmente prenderà tre palline che tirerà da 6 metri per 10 minuti al massimo. Nella zona degli approcci… be’, tendenzialmente non ci andrà mai!  

Come dice Tom Peters, “You can’t shrink your way to greatness”. Insomma, non esistono scorciatoie per diventare bravi. Bisogna praticare, praticare e poi praticare ancora. Il tutto, ovviamente, sotto la supervisione di un maestro di fiducia (altrimenti si rischia di praticare l’errore, e quindi di peggiorare). 

Per essere chiari: occorre dividere il proprio tempo di pratica secondo percentuali “ragionevoli”. Io mi regolo di trascorre circa un terzo del tempo agli approcci, un terzo al putting green e il rimanente terzo allo swing completo, ma ciascuno troverà la sua misura. 

Infine, un aspetto da non sottovalutare è quello mentale: il golf è essenzialmente uno sport mentale, quindi saper governare la propria mente nei momento cruciali è fondamentale per un buon gioco. 

Quanto al superare i brutti momenti di gioco, il punto sta nel concentrarsi in quel che si sta facendo. Ovvero, gli errori sono normali nel golf, ma è importante accettarli una volta compiuti e passare oltre, in maniera da evitare che un errore ne porti altri tre o quattro a seguire. Non che sia facile – anche questa è una tecnica mentale che va allenata. 

Alessandra: Che progetti hai per il futuro? (da tutti i punti di vista: familiari, lavorativi, sportivi) 

Gianni: Dal punto di vista familiare, la priorità è che le bambine crescano sane. 

Dal punto di vista lavorativo, l’obiettivo è di mantenere il mio lavoro “ufficiale” ai ritmi attuali e incrementare la parte di scrittura (libri, articoli e blog). 

Dal punto di vista sportivo, l’obiettivo è quello che ricordavo in apertura: diventare professionista entro il 2012. 

Alessandra: Hai scritto un libro: di cosa parla? Perché non di golf? 

Gianni: La vita 2.0 è la descrizione delle tecniche e della linea di pensiero che ho applicato a me stesso, e che ciascuno può – secondo me – applicare a sé per aumentare la felicità delle sua propria vita. Sono partito da alcune costatazioni se vogliamo banali ma non contestabili. Il punto è, per dirla con Andersen, che il re è nudo. E non c’è più tempo, dunque, per fare finta: allora il compito che mi sono ritagliato è quello di una sorta di grillo parlante, di pascoliano fanciullino, di qualcuno che ci ricordi che la felicità è alla nostra portata, adesso e semplicemente, sempre e comunque, nonostante noi possiamo essere indotti a ritenere che le cose stiano in maniera differente. Ad esempio: il denaro è troppo sopravvalutato, mentre l’unica risorsa davvero critica che abbiamo è il tempo. Di conseguenza, siamo ricchi solo se abbiamo il tempo per fare le cose che vogliamo veramente e non siamo sempre costretti a saltare di scadenza in scadenza, in una corsa al massacro che non ha mai fine. 

Naturalmente non ho la pretesa di insegnare qualcosa ad altri, e questo perché nessuno può insegnare alcunché a chicchessia: si può solo imparare (volendolo). Io ho detto nel libro quello che mi riguarda, cercare di estrarre dei casi generali; e poi ciascuno farà il lavoro su di sé. Se vorrà, beninteso. E la mia speranza è che lo voglia.

 La vita 2.0 non parla di golf perché questo è uno dei miei prossimi progetti: un volume che racconti il percorso che sto facendo per diventare professionista, sia da un punto di vista della tecnica che – soprattutto – della conoscenza di me stesso e dei miei limiti. 

Alessandra: Ho scritto un post ultimamente proprio sulla felicità e ho avuto tanti commenti, anche di persone che in questo momento non sono felici.(eccolo qui http://golfissazione.com/vuoi-solo-essere-felice/) Tu cosa diresti a queste persone per aiutarle a conquistarsi la felicità? 

Gianni: A parer mio la felicità è alla nostra portata, sempre e comunque. Spesso però ci facciamo prendere troppo dalla quotidianità, dai problemi contingenti, e ci lasciamo dominare da questi pensieri. E tuttavia la realtà è secondo me molto più lineare. C’è una frase nel film Yesman che descrive bene tutto questo: “Il mondo è un parco giochi; ma poi strada facendo tutti lo dimenticano”. Ecco, nel momento in cui noi riusciamo a fare questo piccolo salto tutto diviene più semplice. O, per dirla col poeta Leonardo Sinisgalli: 

Si può prendere la felicità

per la coda come un passero.

Si possono dimenticare i debiti

che abbiamo con il mondo

Un lampo di beatitudine

non offende il nostro vicino.

Lui dorme sulla panchina,

il passero gli vola intorno.

Lui sogna il lebbroso

ma sentiamo che il suo male

non è contagioso.

Grazie Gianni, per i contenuti di qualità che ci hai messo a disposizione!